L’ansia, uno strumento o un limite?

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Una sensazione di confusione nella testa, difficoltà a respirare, palpitazioni, vertigini, sudorazione, spavento, chi di voi non ha mai sperimentato una tale condizione di disagio? Un simile stato lo possiamo meglio definire come ansia. L’ansia, una delle principali e più frequenti sofferenze psichiche, è una condizione fisiologica utile in molte circostanze della vita, è utile a proteggere l’individuo dai rischi, dai pericoli e permette di mantenere uno stato di allerta e migliorare le prestazioni.

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Tale condizione è insita nell’uomo e lo accompagna da sempre, sin dall’età della pietra, periodo in cui questi era soggetto a possibili attacchi da parte di predatori e più in generale a pericoli diffusi. A quei tempi era certamente un’ansia “positiva”, fisiologica e funzionale che serviva da campanello d’allarme in un ambiente carico di minacce. Anche oggi tale stato può ugualmente essere considerato altrettanto funzionale, ovvero nelle occasioni in cui rappresenta una sollecitazione che muove la persona e che permette alla stessa di selezionare gli stimoli con maggiore attenzione e prontezza.

Tuttavia, l’ansia è anche uno stato caratterizzato da una sensazione di paura non connessa ad alcuno stimolo specifico, contraddistinto da apprensione e preoccupazione. Si distingue dalla paura vera e propria per il fatto di essere aspecifica, vaga o derivata da un conflitto interiore. L’ansia intesa come stato emotivo funzionale da quello disfunzionale, o meglio condizione patologica, differisce l’una dall’altra per l’intensità, la durata e soprattutto per la qualità del vissuto. Quest’ultimo stato, per chi lo esperisce, si caratterizza per i sentimenti di costrizione, più precisamente la sensazione di essere come in trappola, senza una via d’uscita.ansia-sociale-wallflower

COS’E’ REALMENTE L’ANSIA?

Tutte le cosiddette “somatizzazioni”, tutte le alterazioni corporee che si accompagnano all’ansia sono sempre esclusivamente le stesse alterazioni, così come già precedentemente accennato,   che si riscontrano nel nostro corpo quando ci troviamo a fronteggiare una minaccia alla sopravvivenza. Le reazioni neurovegetative – regolate dal sistema nervoso autonomo – associate all’ansia sono certamente quelle del nostro ancestrale meccanismo di difesa del corpo contro i pericoli fisici.

Poiché il mondo è pieno di pericoli, l’evoluzione, nel corso di milioni di anni, ha programmato nel nostro organismo delle risposte automatiche al pericolo, che scattano da sole non appena le percepiamo con i cinque sensi, una minaccia alla nostra incolumità. Si tratta di risposte automatiche, fuori dal controllo dell’Io, ed è opportuno che sia così, perché se dovessimo essere noi a decidere cosa fare mentre un automobile sta per investirci, moriremmo di sicuro.  L’insieme di queste risposte automatiche e autonome dalla volontà, in presenza di una minaccia alla nostra integrità fisica, trasforma il corpo in millesimi di secondo in una potente macchina da combattimento. Le risposte fisiche portano, dunque, a un assetto corporeo pieno di forza e di energia, adatto a fuggire o a lottare con successo e perciò tutto il sistema di difesa così congegnato si identifica anche con l’espressione “attacco o fuga”.

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Così come Lucio Della Seta accuratamente descrive (Della Seta, 2005), l’ansia è una reazione al pericolo così rapida che, di fatto, contemporaneamente alla nostra percezione visiva per esempio di un animale pericoloso che ci minaccia, e prima di aver potuto ragionare, i bronchi si dilatano per rifornirci di ossigeno, il cuore si mette a battere rapidamente al fine di riempire i muscoli di sangue, parte una scarica di adrenalina destinata a mantenere altissime entrambe l’attenzione e la vigilanza, l’intestino si contrae per disfarsi del suo contenuto che è un’inutile zavorra, la muscolatura si tende per dare la spinta all’azione; altresì, si dilatano le pupille per migliorare la visione, contemporaneamente avviene una costrizione arteriosa cutanea che fa rizzare peli e capelli affinché si possa apparire più grandi e minacciosi all’avversario.

Ci sono anche sudore nelle mani, sudore in tutto il corpo (come segnale olfattivo o come raffreddamento dell’organismo che si surriscalda con il combattimento), il fegato rilascia zuccheri per aumentare l’energia e c’è un aggiustamento istantaneo dell’equilibrio a seconda del tipo di minaccia da affrontare. E’ importante sottolineare che quanto appena descritto avviene in qualche millesimo di secondo.  Solitamente le risposte automatiche al pericolo sono seguite di regola da un’azione volontaria quale lottare, fuggire o nascondersi, strumenti unici di sopravvivenza. Ma cosa avviene se le risposte non sono seguite da un’azione? Cosa succede se la grande energia accumulata per poter combattere non viene sfogata?

Accade che l’individuo percepisce le variazioni somatiche delle risposte che risuonano all’interno del corpo e raggiungono la coscienza nelle vesti di una tempesta neurovegetativa incomprensibile. Questo evento genera l’emozione di paura, ansia, panico. Di contro, nei casi in cui le risposte sono seguite dall’azione la persona non sperimenta alcun turbamento emotivo. I cosiddetti ansiosi se si trovano di fronte a incidenti, terremoti sono spesso i più coraggiosi e intervengono tra i primi per salvare gli altri, nonostante il pericolo reale che corrono: sono entrati in azione e l’ansia che solitamente li tormenta, scompare. Se ne deduce che il meccanismo “fuggire o lottare” fa bene il suo lavoro, non disturba la persona e permette la propria salvezza se c’è un pericolo fisico concreto. Diversamente, quando le risposte scattano “a vuoto” ovvero in assenza di un pericolo fisico, emerge allora la sofferenza dell’ansia e del panico.

Va evidenziato che le risposte automatiche al pericolo scattano da milioni di anni in base a informazioni che si ricevono dall’olfatto, dalla vista, dal gusto, dal tatto e dall’udito. Differentemente, ad oggi gli uomini si trovano in un punto della loro storia evolutiva in cui nel nostro mondo i pericoli corporei contro i quali si è sviluppato il meccanismo “fuggire o lottare” sono notevolmente diminuiti, mentre sono aumentati i pericoli che allertano il corpo mediante il pensiero.

Pertanto, un ruolo centrale, al meccanismo dell’ansia, appartiene al pensiero, il quale sistematicamente fa scattare delle risposte che non possono, a priori, essere seguite da un’azione. Ogni pensiero di pericolo ha, dunque, la possibilità di innescare delle risposte automatiche destinate a restare inespresse perché concretamente è impossibile battersi fisicamente con il contenuto di un pensiero. Se nella nostra mente aleggia in qualche modo il concetto di pericolo, non importa di quale natura, il cervello lancia il segnale di allarme per la sopravvivenza della specie.

Ho ritenuto opportuno soffermarmi ampiamente sulla spiegazione dei meccanismi sottesi all’ansia perché la comprensione di tale meccanismo corporeo che genera i fenomeni ansiosi può permettere a chi ne soffre di capire cosa gli stia succedendo, consentendogli di spezzare il circolo vizioso “ansia -> mistero -> paura-> ansia”.

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SINTOMATOLOGIA

L’ansia sembra avere diverse componenti di cui una cognitiva, una somatica, una emotiva, e comportamentale (Seligman et Al., 2001). La componente cognitiva comporta aspettative di un pericolo diffuso ed incerto; sotto il profilo concettuale sono presenti distorsioni cognitive, ideazione spaventosa ripetitiva, immagini visive minacciose; nei soggetti ansiosi da un lato vi è una preoccupazione o “fissazione” relativa al concetto di pericolo e, dunque, una sovrastima dello stesso, dall’altro vi è una sottovalutazione delle capacità individuali di farvi fronte, quindi una sottostima delle capacità di fronteggiamento (Beck, Emerry e Greenberg, 1985).

La componente somatica permette, invece, al corpo di preparare l’organismo ad affrontare la minaccia, così come precedentemente descritto, pertanto, la persona sperimenterà una respirazione superficiale, nodo alla gola, sensazione di soffocamento, insonnia, tremore, incremento dei riflessi, pressione al torace, perdita di appetito, frequenza nella minzione, rossore al volto, sudorazione.

Dal punto di vista emozionale l’ansia causa un senso di terrore o panico, gli individui che ne sono soggetti sono, sovente, assaliti dalla paura di perdere il controllo, paura di non saper fronteggiare le situazioni, paura di valutazioni negative, paura di malattie, paura della morte. Infine sotto il profilo comportamentale si possono presentare sia comportamenti volontari che involontari diretti alla fuga o all’evitamento della fonte ansiogena. Tali meccanismi non fanno altro che rinforzare e strutturare il sistema disfunzionale e maladattivo dell’ansia stessa.

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TRATTAMENTO

L’ansia e disturbi connessi solitamente sono trattati mediante una psicoterapia e laddove fosse necessario con una terapia farmacologica. La terapia farmacologica non può essere considerata una vera e propria cura per ciò che riguarda l’ansia e i suoi disturbi, può, tuttavia, ridurre alcuni sintomi mentre il paziente segue un percorso psicoterapeutico. I farmaci, prescritti necessariamente da psichiatri, sono gli antidepressivi, gli ansiolitici e i betabloccanti che tengono sotto controllo alcuni dei sintomi fisici. L’approccio psicoterapeutico permette, invece, alla persona di individuare le cause sottostanti la sintomatologia ansiosa.

Le persone che soffrono di ansia o hanno un chiaro disturbo ansioso sono solite cercare di controllarla e combatterla. E’ doveroso in questa sede chiarire ed evidenziare che tale condizione seppur spiacevole non va né controllata, né tantomeno combattuta, bensì l’ansia va accolta, poiché è semplicemente un sintomo e come tale sta comunicando a quella persona qualcosa di importante. Tale condizione di forte disagio è incredibilmente e paradossalmente la soluzione del disagio stesso. Il sintomo non è altro che “l’inciampo” che permette all’individuo di comprendere che qualcosa nel suo funzionamento sia andato errato. L’ansia è semplicemente la “punta dell’iceberg” e che, tuttavia, esistono delle cause che vanno rintracciate; in realtà, è un avvertimento prezioso, è l’azione di risposta perfetta che l’organismo produce per insegnare a correggere l’individuo a fare pace, ad integrarsi con le caratteristiche dell’essere, è ordinata , quindi, a produrre la volontà per un faticoso itinerario verso la vera realizzazione di sé.

Spiego sempre ai miei pazienti che la sofferenza è, dunque, solamente e puramente correttiva, ma è lo strumento adottato dalla nostra anima per indicare i nostri “difetti”, per pervenirci dal commettere errori più grandi, per riportarci su quel sentiero di verità e di luce da cui non dovremmo mai aver deviato. Sembrerebbe una provocazione, ma tengo sempre ad evidenziare che l’ansia, come sintomo, esiste in realtà per il nostro bene, è un benefattore. Emozioni come ansia, paura, se ostacolate imprigionano, bloccano così la crescita, l’evoluzione e la vera conoscenza di sé.

Attraverso un trattamento terapeutico, di tipo cognitivo – comportamentale, si incrementa e si favorisce la consapevolezza nella persona, pertanto, si definisce il funzionamento della mente, dunque, come le emozioni e i sentimenti siano strettamente connessi ai pensieri, detti “pensieri automatici”, i quali interpretano gli eventi influenzando così il comportamento. Secondo tale approccio, l’impalcatura cognitiva propria della persona è frutto di un apprendimento che viene dall’esperienza.

Tali apprendimenti generano delle regole automatiche (schemi mentali) che sono resi attivi dall’individuo in modo più o meno consapevole ogni volta che si trova di fronte a particolari situazioni, soprattutto di fronte a circostanze in cui si sia potuto percepire un pericolo. Nell’approccio cognitivo – comportamentale i pensieri – costituiti da parole, immagini o ricordi che attraversano la mente – sono il frutto dell’apprendimento avvenuto durante le nostre esperienze passate e il risultato di tali apprendimenti genera alcune regole che automaticamente  la mente attiverà quando si vivranno esperienze analoghe. L’essere umano, sovente, agisce tali regole automatizzate senza averne piena consapevolezza. E’ importante chiarire, altresì, che la mente, nelle situazioni in cui la persona sperimenta un pericolo, memorizzerà automaticamente tale esperienza e si ricorderà di avvertirci attraverso il pensiero, il quale attiverà l’organismo ad un’attenzione particolare riguardo a tale circostanza. Nei casi in cui si fiuta una minaccia, tipica dei meccanismi ansiosi, il pensiero avrà un contenuto di allarme, di anticipazione in modo tale che l’organismo sarà teso e pronto all’azione per affrontare il pericolo.

BIBLIOGRAFIA

Beck, A.T., Emery, C. & Greenberg, R. L. (1985). Anxiety Disorders and Phobias: A cognitive perspective. New York: Basic Books.

Della Seta L. (2005). Debellare il Senso di Colpa, contro l’ansia, contro la sofferenza psichica; Marsilio Editori.

Seligman, M.E.P., Walker, E.F. & Rosenhan, D.L. (2001). Abnormal psychology, (4th ed.) New York: W.W. Norton & Company, Inc. 2001.

 

Nicoletta DeziLa Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa e psicoterapeuta; laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com

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