Il Presidente del Gruppo San Raffaele Carlo Trivelli (a destra) |
ATTUALITA’ – Il Consiglio comunale svoltosi lunedì 5 presso il San Raffaele ha preso un indirizzo ben preciso dopo la lettura che il consigliere dell’Udc Gianluca Trivelloni ha fatto della relazione del procuratore regionale della Corte dei Conti del Lazio dott. Iannantuono.
Nella lunga disamina sui problemi amministrativi della nostra regione il procuratore ha messo in evidenza anche la vicenda del San Raffaele di Velletri. Le affermazioni che ha usato nella relazione riguardo la clinica sono state pesantissime. Ne pubblichiamo uno stralcio.
“L’altro caso, quello della clinica San Raffaele di Velletri, s’impone all’attenzione per le dimensioni colossali della frode. E’ opportuno riassumere concisamente i contenuti di tale istruttoria. Quivi, una complessa ed articolata indagine, svolta dai NAS di Roma in costante collaborazione con il PM contabile titolare del fascicolo, ha consentito di individuare frodi continuate consistenti in fittizie o irregolari erogazioni di prestazioni di riabilitazione da parte di alcune strutture sanitarie “convenzionate”, in particolare da parte della casa di cura San Raffaele, riconducibile al gruppo “Angelucci”.
Come noto, il gruppo imprenditoriale, facente capo agli Angelucci, è uno dei più importanti a livello nazionale nel settore della riabilitazione ed è operante principalmente nel Lazio (13 strutture), in Puglia (11) e in Abruzzo (1), per un totale di 25 strutture, capaci di circa 3.000 posti letto. Gli accertamenti sono stati svolti, a partire dal 2007, dal Comando Carabinieri per la tutela della salute di Roma (NAS), su delega della Procura della Corte dei conti e in precedenza della Procura della Repubblica di Velletri, presso la quale pende tuttora un procedimento penale, nell’ambito del quale venne emessa (il 22.1.2009) dal GIP una ordinanza di custodia cautelare a carico degli Angelucci (padre e figlio) ed altri soggetti.
All’esito delle indagini è emerso che la quasi totalità di Velletri risultavano irregolari o fittizie, in ogni caso non conformi alla normativa vigente e, pertanto, non potevano essere accollate al servizio sanitario regionale attraverso il meccanismo remunerativo delle tariffe “pro die” (per la prestazioni di riabilitazione estensiva ed intensiva) e dei DRG (per la riabilitazione speciale), con conseguente danno per il SSR.
In particolare, dalle indagini svolte dai NAS è risultato che: tutte le prestazioni di riabilitazione intensiva (in regime di ricovero ordinario, in Day hospital, in c.d. lungodegenza riabilitativa) erogate nei relativi reparti, non risultano accollabili al SSR in quanto la durata della terapia giornaliera su paziente è inferiore alle 3 ore previste dalle Linee-Guida del Ministro della Sanità; risultano prestazioni di riabilitazione in Day Hospital escluse dai LEA (livelli essenziali di assistenza), cioè ricoveri di pazienti affetti da patologie non previste tra quelle le cui terapie sono rimborsabili dal S.S.R. e che invece avrebbero dovuto 29 essere trattate ambulatorialmente con spesa a carico del paziente (es: cervicalgie, lombo sciatalgie, ecc.); il programma informatico di fatturazione del gruppo societario era predisposto in modo da individuare in anticipo, a fronte di una diagnosi principale di ricovero del paziente, falsi codici da inserire nella cartella clinica, in modo da ottenere il DRG corrispondente alla Lungodegenza Riabilitativa (come risulta anche dalle intercettazioni telefoniche); tutti i reparti di riabilitazione, sia intensiva che estensiva, non possiedono i requisiti strutturali minimi (come emerso a seguito di distinte ispezioni svolte dalla ASL e dai NAS, che hanno dato luogo, in particolare, al sequestro della palestra riabilitativa) ed organizzativi per erogare tali prestazioni in regime di accreditamento al SSR (superficie insufficiente, modifiche strutturali non autorizzate, personale numericamente inferiore al dovuto, assenza dello specialista in cardiologia come invece previsto dalla normativa, mancanza dell’agibilità ); la casa di cura San Raffaele di Velletri effettua ricoveri senza rispettare le due condizioni principali di ammissione alla riabilitazione intensiva, costituite dal limite massimo di 30 gg. dall’evento acuto e dalla provenienza da un reparto per acuti, previsto dalla normativa vigente; dalla verifica di alcune cartelle fisiatriche sequestrate nel 2007 dai NAS è emerso che oltre il 50% dei pazienti risultavano colpiti da piaghe da decubito o deceduti con piaghe da decubito in atto (ciò stava a significare che non avevano effettuato movimenti, quindi attività riabilitative).
Il San Raffaele di Velletri ha indebitamente riconvertito 40 posti letto di riabilitazione post acuzie di degenza ordinaria in altrettanti posti di Day Hospital riabilitativo, al fine di poterli utilizzare per erogare quasi due prestazioni giornaliere in luogo di una soltanto, con la conseguenza che, in sostanza, con la riconversione viene raddoppiato il fatturato sui posti-letto in questione. Si è verificato un inquietante anomalo tasso di mortalità del 46% nella Lungodegenza Riabilitativa: nel periodo 01.10.2004 al 31.12.2006, su 410 pazienti 30 che hanno ricevuto prestazioni di riabilitazione in lungodegenza medica – il cui scopo dichiarato è il recupero delle funzionalità e dell’autosufficienza – ben 187 risultano essere deceduti.
Poiché tali gravissime irregolarità non sono state rilevate in sede di controlli amministrativi dalle autorità competenti (ASL RM/H e ASP) pur essendo sufficienti a giustificare la sospensione dell’accreditamento o la revoca dell’autorizzazione – procedura infine avviata, soltanto di recente (l’8.3.2010) e tuttora in corso – la procura regionale della Corte dei conti ha ritenuto responsabili del danno al SSR, in via sussidiaria (in caso di mancato pagamento del dovuto risarcimento da parte della ex Tosinvest spa) ed a titolo di colpa grave, anche alcuni dirigenti degli uffici addetti ai controlli strutturali e di regolarità delle prestazioni, nonchè alcuni medici che dovevano concretamente eseguire dette verifiche.
Infine, anche nell’ambito della Regione Lazio si è potuta accertare un’anomala contiguità decisionale con la società convenzionata, fino al punto che la dirigente regionale competente alle procedure di Autorizzazione e Accreditamento – come emerge in numerose telefonate – non esitava a collaborare con i vertici della società al fine di non emettere alcun atto sanzionatorio a carico della casa di cura, in particolare in relazione alla proposta di sospensione dell’accreditamento (addirittura una bozza di una nota a sua firma è stata rinvenuta nel corso di una perquisizione domiciliare nell’abitazione dell’amministratore delegato della ex Tosinvest). L’attività requirente della Procura regionale ha trovato una prima conferma, ottenendo nel 2010 dalla Sezione Lazio il sequestro conservativo di beni immobili (in particolare cliniche, che tuttavia potranno continuare ad operare) della soc. San Raffaele Spa (ex Tosinvest spa, di proprietà degli Angelucci). Il sequestro conservativo, a seguito di udienza svoltasi il 2.7.2010, è stato confermato dal giudice monocratico designato con ordinanza n. 435 del 30 luglio 2010 fino alla concorrenza di euro oltre 126,535 milioni di euro sui soli beni immobili della società. Il reclamo avverso la predetta ordinanza presentato dalla San Raffaele spa è stato respinto dalla Sezione giurisdizionale per il Lazio con ordinanza n. 468 dep. il 21.9.2010 e, 31 pertanto, la garanzia conservativa del credito erariale deve ritenersi definitivamente acquisita in attesa della definizione del giudizio di merito, nel quale sono stati convenuti la società San Raffaele e altri 13 dirigenti e funzionari della Regione Lazio, della ASL RM/H e dell’Agenzia regionale Sanità pubblica per il Lazio. Pur se si è ampiamente riferito sulla richiamata vicenda, sia consentito di osservare che si tratta di oltre 126 milioni di euro di sprechi e truffe al SSR riconducibili soltanto ad una tipologia di prestazioni sanitarie (riabilitazione), per quanto tra le più remunerative e scarsamente controllate, e ad una sola casa di cura.
Il Presidente del Gruppo San Raffaele dott. Carlo Trivelli, contattato da noi telefonicamente, ha fornito un’articolata risposta: “Come Gruppo San Raffaele abbiamo apprezzato in maniera particolare la decisione di riunire presso la clinica il Consiglio comunale. E’ stato un segnale di vicinanza importante salutato con soddisfazione. Il dibattito è stato articolato ed è giunto un segnale molto forte di aiuto di tutte le forze politiche anche quelle che giustificano la chiusura, coalizzate, per una piena solidarietà alla lotta dei lavoratori e della società. Un ringraziamento particolare va al Sindaco che è unito con noi in questa lotta per mantenere la nostra casa madre. L’ordine del giorno condiviso, a conclusione di un’articolata discussione, va nella linea di tutelare innanzitutto i cittadini del territorio, secondariamente i lavoratori, che vogliono mantenere un’offerta sanitaria di qualità. Anche per mantenere poi una rilevanza economica non solo e non tanto per la società che ha investito ed investe capitali importanti, anche umani ma perchè è comunque una realtà consolidata. La menzione giunta da alcuni consiglieri comunali che hanno portato la loro esperienza personale in fatto di cure svolte al San Raffaele ha smentito su tutta la linea la leggenda metropolitana che il SR sia un luogo dove non si cura. Riguardo alla lettura fatta durante il Consiglio comunale, della relazione del procuratore regionale della Corte dei Conti, dunque collegare la decisione di chiudere il SR all’attività della Magistratura è un’assoluta forzatura. L’inchiesta non è ancora arrivata al dibattimento ed è fondata soltanto su tesi accusatorie. La Regione avrebbe dovuto attendere una decisione definitiva della Magistratura cosa che evidentemente non ha fatto, visto che leggendo il provvedimento di chiusura non c’è alcun riferimento all’inchiesta ma si fonda su motivi già da noi contestati. La relazione del procuratore della Corte dei Conti non è un atto giudiziario ma un’opinione su un’indagine in corso e non ha alcuna valenza probatoria contro di noi. Avremmo voluto che qualcuno menzionasse anche l’articolo 27 della Costituzione, dove si dichiara che l’imputato non è considerato colpevole sino alla sentenza definitiva. Esistono anche gli atti della difesa e siccome sono atti pubblici avremmo voluto che i consiglieri citassero anche questi documenti, che smentiscono la tesi del procuratore regionale che parte da un’assurdità ovvero che tutte le prestazioni non erano valide, è evidente che fa parte di un gioco al rialzo dell’accusa. Per quanto riguarda il sequestro cautelativo è una mera iscrizione nel registro immobiliare ipotecario che non colpisce l’operatività della struttura. E’ un vincolo sull’immobile che avrà valore se alla fine di tutto il procedimento vi sarà un obbligo di natura pecuniaria e se non si pagasse quanto disposto dalla Corte, così potremmo veder vendere l’immobile”.
I VIDEO DEL CONSIGLIO COMUNALE