Roma, 13 arresti per carte di credito clonate

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CRONACA – A conclusione di una complessa attività d’indagine a carico di 15 soggetti, denominata “CONTO SALATO”, i Carabinieri della Compagnia Roma Centro hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari emessa dal Tribunale di Roma nei confronti di 13 persone, cittadini romeni ed italiani (5 agli arresti domiciliari ed 8 all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica mediante l’illecita acquisizione e clonazione di codici P.A.N. (Personal Account Number) di carte di credito, utilizzo fraudolento di carte di credito clonate e ricettazione.

L’ordinanza è stata emessa dal GIP del Tribunale di Roma, Dott. Ezio Damizia, che ha accolto le richieste avanzate dai Sost. Proc. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Dott. Antonio Clemente e Dott. Stefano Rocco Fava. Le attività investigative, condotte dai Carabinieri della Stazione Roma San Lorenzo in Lucina da giugno 2013 a febbraio 2014, hanno avuto inizio a seguito dell’arresto in flagranza di tre cittadini romeni per utilizzo di carte di credito clonate nel quartiere Prati.

Dall’analisi del traffico storico mobile delle carte di credito sequestrate si riusciva a determinare i punti di compromissione delle stesse, cioè il luogo ove i legittimi proprietari avevano effettuato le ultime spese genuine. Venivano così individuati alcuni esercizi di ristorazione, all’interno dei quali lavoravano camerieri che risultavano in contatto con gli arrestati.

Il successivo monitoraggio degli apparati POS dei ristoranti incriminati, grazie all’ausilio dei servizi interbancari Cartasì ed American Express, unitamente a servizi di osservazione e di pedinamento posti in essere dai militari dell’Arma, permettevano l’individuazione di altri componenti del sodalizio criminale, con l’avvio delle conseguenti attività di intercettazione telefonica.

Durante la fase d’indagine è stato appurato che le carte di credito venivano clonate presso alcuni ristoranti delCentro Storico e del quartiere Prati, ad opera di camerieri infedeli sul “libro paga” dell’associazione criminale, il cui capo veniva individuato in un cittadino romeno, già noto alle Forze dell’Ordine per aver commesso reati dello stesso tipo.

Il Modus operandi seguiva ogni volta lo stesso copione. Alla fine di ogni pasto, il cameriere portava al tavolo, individuato tra quelli occupati da facoltosi turisti stranieri, il conto da pagare. Come da ormai consolidata prassi culturale, le ignare vittime affidavano la propria carta di credito all’infedele cameriere, che una volta allontanatosi, senza farsi notare, effettuava una seconda “strisciata” della carta di credito all’interno di un dispositivo elettronico “skimmer”, di piccole dimensioni, copiando così il codice P.A.N. della carta di credito, che veniva poi restituita come su nulla fosse accaduto al legittimo proprietario. Normalmente a distanza di giorni, ed a volte solo al rientro nei paesi di origine, i vacanzieri si avvedevano delle numerose spese, per migliaia di euro, effettuate da sconosciuti.

In effetti, come accertato durante i servizi di osservazione e pedinamento ed emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, i codici P.A.N. fraudolentemente acquisiti venivano poi riversati su dei supporti magnetici “vergini” ed assegnati ai componenti dell’organizzazione incaricati di utilizzarli presso alcuni esercizi commerciali “convenzionati”, per l’acquisto di merce di vario genere, prevalentemente telefonia mobile di ultima generazione.

Altro importante ruolo è, infatti, quello ricoperto dai commercianti conniventi, tutti italiani, dislocati in varie zone della città, come Monteverde, Cinecittà, Castro Pretorio e Camilluccia, che mantenendo costanti rapporti con il sodalizio criminale e incuranti delle vigenti normative in materia di pagamento con carte di credito, consentivano agli indagati di acquistare merce con le carte di credito clonate, ricevendo in cambio una percentuale in contanti sulla vendita, pari solitamente al 15% dell’acquisto effettuato. A questo punto la merce, fraudolentemente comprata, veniva poi rivenduta mediante canali di ricettatori, anche questi italiani, che spesso in precedenza ne avevano commissionato l’acquisto, al 50% del prezzo reale in commercio. Il giro d’affari del gruppo criminale, monitorato in soli tre mesi d’indagine, ammonta ad un totale di circa 100.000 euro, il cui provento veniva spartito tra i vari sodali in proporzione ai ruoli ricoperti all’interno dell’organizzazione criminale. Nel corso delle indagini 6 persone arrestate in flagranza di reato per utilizzo fraudolento di carte di credito.

 

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