Le emozioni e la loro valenza positiva

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La recente visione al cinema del film di animazione della Pixar – Inside Out – ha fatto scaturire l’interesse ad approfondire e voler condividere con i lettori l’argomento che ho scelto per questo appuntamento, ovvero le emozioni e la loro valenza positiva. Per chi lo avesse visto, riflettiamo qualche momento insieme, e per chi non lo avesse fatto lo invito ad approfittarne appena possibile e farne un’esperienza. Questa storia animata può sì essere considerata come una storia per tutte le età, così come è stato più volte affermato dai media, in realtà ritengo che a causa delle sue metafore psicologiche arrivi nei suoi messaggi più ad un popolo adulto che ai bambini. Il film utilizza la teoria cognitiva della mente per spiegare le funzioni delle emozioni, ci consente di riesaminare quale sia il valore delle stesse nel definire chi siamo e ci aiuta a capire che il modo in cui ci sentiamo emotivamente e il modo in cui agiamo sono la risultante di ciò che ci passa per la mente e quindi di come pensiamo quell’evento o quella determinata situazione.

Il film, prendendo in considerazione alcune delle emozioni fondamentali, mostra brillantemente come ognuna di queste – gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto – abbia una determinata funzione, che tutte vanno esplorate e nessuna di esse va mai ignorata, anzi quelle apparentemente più scomode sono proprio le emozioni che hanno una finalità maggiore, importante e adattiva.

A mio avviso ogni genitore dovrebbe vederlo insieme al figlio poiché ha una vera e propria valenza psicoeducativa, è un invito ad entrare in contatto con il vissuto emotivo, ad esprimere le proprie emozioni da un lato e la legittimazione da parte di chi ci sta vicino di quanto sia giusto esprimere il proprio stato d’animo. La validazione emotiva diviene, pertanto, un elemento essenziale delle relazioni positive, in cui si vive l’esperienza di sentirsi compresi per ciò che si prova. Le persone che hanno trovato questo film di animazione non particolarmente interessante o alle quali non è piaciuto, credo che non ne abbiano colto il vero messaggio educativo. Entriamo ora nel vivo di questo argomento tanto interessante quanto complesso.

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Le emozioni possono essere pensate, essenzialmente, come impulsi ad agire, in altre parole, piani di azioni dei quali ci ha dotato l’evoluzione, per gestire in tempo reale le emergenze della vita. La radice stessa della parola emozione è il verbo latino – moveo – “ muovere”, con l’aggiunta del prefisso “e” – movimento da – per indicare che in ogni emozione è implicita la tendenza ad agire. Il fatto che le emozioni spingano all’azione è ovvio soprattutto se si osservano gli animali o i bambini. E’ solo negli adulti che troviamo tanto spesso quella che nel regno animale si può considerare una grande anomalia, ossia la separazione delle emozioni – che in origine sono impulsi ad agire – dalla naturale reazione corrispondente.

Altresì, l’emozione è da considerarsi come un processo dinamico che ha un inizio e un termine, si caratterizza come una risposta multidimensionale ad uno stimolo ambientale, la quale è di breve durata e provoca dei mutamenti in tre differenti ambiti (D’Urso V., Trentin R., 2013):

  • Fisiologico, all’interno del corpo avvengono specifiche modificazioni organiche che comprendono per esempio la circolazione, la pressione arteriosa, la respirazione, l’alterazione del battito cardiaco, la produzione da parte del sistema ormonale di particolari secrezioni endocrine.
  • Comportamentale, riguarda la sfera delle manifestazioni motorie, come ad esempio il comportamento di evitamento, di attacco e fuga e, ancora, modificazioni dell’atteggiamento posturale e dell’espressione facciale.
  • Psicologico, si fa riferimento con quest’aspetto all’esperienza personale, comprende precisamente i resoconti verbali relativi all’esperienza soggettiva dell’individuo, come ad esempio “ ho provato una paura così intensa e forte da sentirmi gelare il sangue”.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE EMOZIONI

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Nel cercare di comprendere come l’evoluzione abbia conferito all’emozione un ruolo tanto fondamentale nella psiche umana, i sociobiologi indicano, quale possibile spiegazione, proprio questa prevalenza del “cuore” sulla mente nei momenti più critici della vita. Essi sostengono che le nostre emozioni ci guidano nell’affrontare situazioni e compiti troppo difficili e importanti perché possano essere affidati al solo intelletto: si pensi ai momenti di grande pericolo, alle perdite dolorose, alla capacità di perseverare nei propri obiettivi nonostante le frustrazioni, allo stabilirsi di legami di fiducia e alla costruzione del nucleo familiare.

Ogni emozione ci predispone all’azione in modo caratteristico, ciascuna di esse ci orienta in una direzione già rivelatasi proficua per superare le sfide ricorrenti della vita. Il valore del nostro repertorio emozionale ai fini della sopravvivenza trova conferma nel suo imprimersi nel nostro sistema nervoso come bagaglio comportamentale innato: in altre parole, nel fatto che le emozioni finirono per diventare tendenze automatiche del nostro cuore.

I biologi evoluzionisti ipotizzavano che reazioni automatiche, come ad esempio la paura che spinge una persona a mobilitarsi per proteggere la propria vita e dei propri cari in caso di un attacco di una belva feroce, abbiano finito per imprimersi nel nostro sistema nervoso perché, nell’arco di un lungo periodo critico della preistoria umana, esse rappresentarono davvero la differenza fra la vita e la morte. Fatto ancora più importante, queste reazioni erano essenziali ai fini di quello che è il compito principale dell’evoluzione: riuscire ad avere una progenie alla quale trasmettere queste predisposizioni genetiche molto specifiche.

I MECCANISMI CEREBRALI DELLE EMOZIONI

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La dicotomia razionale/emozionale è simile alla popolare distinzione, già citata, tra “cuore”e “mente”; quando sappiamo che qualcosa è giusto “con il cuore” la nostra convinzione è di un ordine diverso, ovvero in un certo modo si ha la percezione di una certezza più profonda rispetto a quando pensiamo la stessa cosa con la mente razionale. Per mente razionale s’intende quella modalità di conoscenza della quale siamo solitamente coscienti: dominante nella consapevolezza e nelle riflessioni, analitica, capace di ponderare e di riflettere. Diversamente, la mente emozionale è impulsiva, potente, anche se a volte illogica, è decisamente più rapida perché passa all’azione senza neppure fermarsi un attimo a riflettere sul da farsi. Può essere considerata il nostro radar per scoprire il pericolo, se noi – o i nostri antenati nel corso dell’evoluzione –  aspettassimo l’intervento della mente razionale per formulare un giudizio potremmo oltreché incorrere in errore, morire.

Per meglio comprendere la grande influenza delle emozioni sulla mente razionale e capire meglio come mai il sentimento e la ragione entrino sovente in conflitto bisogna considerare il modo in cui si è evoluto il cervello umano.

La parte più primitiva del cervello, è il tronco cerebrale che circonda l’estremità cefalica del midollo spinale – “cervello rettiliano”. Esso regola funzioni vegetative come il respiro e il metabolismo di altri organi, governa soprattutto gli istinti e i riflessi innati, fondamentali a disporre un’appropriata reattività dell’organismo, al fine di assicurarne la sopravvivenza. Milioni di anni dopo, nel corso dell’evoluzione, con la comparsa dei primi mammiferi s’intensifica il tessuto neurale, il quale andrà a circondare e delimitare il tronco cerebrale, tale zona venne chiamata – sistema limbico – “cervello mammifero”.

Tale sistema si è poi evoluto perfezionando due potenti strumenti: l’apprendimento e la memoria.  Altri millenni più tardi, il cervello si affinò ancora di più grazie allo sviluppo e alla stratificazione di una grande quantità di cellule nervose che andarono a costituire i due emisferi cerebrali e così la neocorteccia, ovvero la sede delle funzioni superiori: l’intelletto,  la ragione. Il vantaggio per la sopravvivenza garantito dalla neocorteccia è dovuto alla sua capacità di ideare programmi a lungo termine e di escogitare strategie mentali.

In merito agli emisferi cerebrali, che compongono la neocorteccia, è importante chiarire che l’emisfero sinistro governa le funzioni di tipo razionale, come leggere, parlare, contare, riflettere, analizzare una situazione, stabilire dei collegamenti, è, dunque, connesso al pensiero logico e governa la parte destra del corpo. L’emisfero destro, invece, provvede a gestire informazioni affettive ed emozionali: permette di riconoscere globalmente una situazione attribuendole una colorazione emozionale legata al nostro sentire, è connesso con la nostra immaginazione e con l’intuizione e pare partecipi all’attività onirica, altresì, è connesso alla parte sinistra del corpo. Questi due emisferi sono uniti dal corpo calloso che consente loro di trasferirsi le informazioni.

CERVELLO LIMBICO E MEMORIA EMOZIONALE

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Il cervello limbico o “mammifero”, detto anche “cervello emozionale” è considerato il perno del cervello, in quanto luogo di transizione tra la neocorteccia e un altro organo fondamentale, l’ipotalamo. Il sistema limbico interviene a tutti i livelli dell’elaborazione dell’informazione: all’inizio, all’entrata dell’informazione, esso filtra quanto deve essere inoltrato direttamente alla materia grigia o ciò che richiede un’azione immediata; al momento di agire, esso fornisce la motivazione per l’azione, poi messa in atto dall’ipotalamo: il fedele esecutore – poiché quest’ultimo è deputato proprio alla funzione esecutiva dal momento che non analizza, non riflette per sapere se l’ordine è favorevole o meno, si accontenta soltanto di eseguire – che si servirà del sistema neurovegetativo e del sistema endocrino per agire sugli organi.

Il sistema limbico archivia, infine, nella cosiddetta “memoria emozionale” la conclusione a cui è giunta la neocorteccia e l’azione decretata. Tale conclusione verrà sancita come gradevole e quindi ripetibile o come sgradevole, dunque da evitare.

Quando una situazione provoca in noi una reazione emotiva, vi sono forti probabilità che questa circostanza sia in risonanza con un evento passato registrato nella memoria emozionale. Secondo alcuni studiosi come ad esempio Claudia Rainville (Rainville C., 2000) la cosiddetta memoria emozionale del cervello limbico contiene la risposta a molte cause di malessere, di disturbi e di vere e proprie malattie.

L’UNIVERSALITA’ DELLE EMOZIONI

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L’argomento a favore dell’esistenza di un gruppo di emozioni fondamentali dipende, sicuramente, dalla scoperta di Paul Ekman, della University California di San Francisco; lo psicologo statunitense, pioniere nello studio delle emozioni, teorizzò che alcune specifiche espressioni facciali (che esprimevano ad esempio paura, collera, tristezza, gioia) sono riconosciute in ogni cultura del mondo, compresi popoli indigeni che presumibilmente non sono influenzati da mezzi di informazione come i media, la “parola stampata”, la televisione, ecc. Ciò suggerisce l’universalità di tali emozioni. Ekman, nello specifico, ha mostrato fotografie che ritraevano con precisione tecnica volti che esprimevano alcune delle emozioni ritenute poi da lui fondamentali a persone di culture lontanissime dalla nostra come gli abitanti della tribù Fore in Papua Nuova Guinea – una popolazione che vive in lontani altipiani ed è rimasta fortemente isolata rispetto alle altre culture del pianeta. Lo psicologo ha constatato che in qualunque parte del mondo la gente riconosceva le stesse emozioni fondamentali. Questa universalità delle espressioni facciali dell’emozione fu probabilmente notata per primo da Darwin, il quale la giudicò una prova del fatto che le forze evolutive avevano impresso questi segnali nel nostro sistema nervoso.

 EMOZIONI PRIMARIE E SECONDARIE

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Paul Ekman e Robert Plutchik, (Plutchik R., 1995) anche quest’ultimo psicologo statunitense la cui teoria rientra tra quelle definite psicoevoluzioniste, sono da considerarsi tra gli studiosi che ipotizzarono l’esistenza di differenti tipi di emozioni, suddividendole in emozioni primarie o fondamentali ed emozioni secondarie.

Le emozioni primarie sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, così come appena descritto, per questo sono definite primarie ovvero universali. Mentre le emozioni secondarie o complesse sono, invece, quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.

Indaghiamole ora nello specifico una ad una, così come descritte da Daniel Goleman (Goleman D., 2013) con quelle che sono le loro peculiarità:

  • COLLERA – la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni, fra i quali l’adrenalina, genera un impulso di energia abbastanza forte da permettere un’azione vigorosa; quando sperimentiamo rabbia il sangue ci affluisce alle mani e questo rende più facile afferrare un’arma o sferrare un pugno all’avversario.
  • PAURA – se una persona vive momenti di paura nel suo corpo il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle gambe, rendendo così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente meno irrorato (la sensazione corrispondente che l’individuo può percepire è la sensazione che si geli il sangue). Allo stesso tempo, il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, forse per valutare se non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali proposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all’azione e fissando l’attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore.
  • GIOIA – uno dei principali cambiamenti biologici in una persona che sperimenta l’emozione della gioia sta nella maggiore attività di un centro cerebrale che inibisce i sentimenti negativi, aumenta la disponibilità di energia e, al contempo, dispone l’inibizione dei centri che generano pensieri angoscianti. Tuttavia, a parte uno stato di quiescenza che consente all’organismo di riprendersi più rapidamente dall’attivazione biologica causata da emozioni sconvolgenti, non si riscontrano particolari cambiamenti fisiologici. Tale configurazione offre all’organismo un generale riposo e lo rende non solo disponibile ed entusiasta nei riguardi di qualunque compito esso debba intraprendere ma anche pronto a battersi per gli obiettivi più disparati.
  • TRISTEZZA – Essa comporta una caduta di energia ed entusiasmo verso le attività della vita – in particolare per le distrazioni e i piaceri – e nei casi in cui diviene più profonda, persistente e si avvicina alla depressione ha l’effetto di rallentare il metabolismo. La chiusura in se stessi che accompagna la tristezza ci dà l’opportunità di elaborare per esempio un’esperienza di lutto per una perdita o per una speranza frustrata, di comprendere le conseguenze di tali eventi della nostra vita e, quando le energie ritornano, di essere pronti per nuovi progetti. Può darsi che un tempo questa caduta di energia servisse a tenere i primi esseri umani vicini ai loro rifugi e dunque al sicuro quando erano tristi poiché più vulnerabili.
  • DISGUSTO – in tutto il mondo l’espressione del disgusto è la stessa e invia il medesimo messaggio: qualcosa offende il gusto o l’olfatto, anche metaforicamente. Così come Darwin aveva osservato, l’espressione facciale che lo contraddistingue – il labbro superiore sollevato lateralmente mentre il naso tende ad arricciarsi – indica il tentativo primordiale di chiudere le narici colpite da un odore nocivo o di sputare un cibo velenoso.
  • SORPRESA – in questo particolare stato emotivo il sollevamento delle sopracciglia consente di avere una visuale più ampia e di far arrivare più luce sulla retina. Ciò permette di recuperare un maggior numero d’informazioni sull’evento inatteso, contribuendo alla sua comprensione e facilitando la rapida formulazione del miglior piano d’azione.

Le emozioni secondarie sono, come già accennato, quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale, dunque, più complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate. Esse sono:

  • ALLEGRIA, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo.
  • INVIDIA, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede.
  • VERGOGNA, reazione emotiva che si prova quando si ha la percezione di aver fatto una brutta figura, e per questo inferiore alle aspettative degli altri.
  • ANSIA, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro.
  • RASSEGNAZIONE, disposizione d’animo di chi si pone con un atteggiamento di rinuncia nei confronti di un dolore, di una sfortuna.
  • GELOSIA, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto.
  • SPERANZA, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti auspicati come migliori.
  • PERDONO, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione).
  • OFFESA, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole.
  • NOSTALGIA, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere.
  • RIMORSO, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale.
  • DELUSIONE, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.

UN APPROCCIO COGNITIVO ALLE EMOZIONI

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Sotto il profilo più propriamente cognitivo, l’emozione può essere inserita in una complessa catena di eventi che comincia con la percezione di uno stimolo, finisce con un’interazione tra l’organismo e lo stimolo che ha dato appunto l’avvio ad una catena di eventi. Con i miei pazienti chiarisco sempre che nella realtà esperita non è l’evento, in sé, a determinare una particolare emozione, bensì è l’elaborazione cognitiva – il pensiero – ad elicitare la condizione emotiva.

Al fine di incrementare e favorire la consapevolezza nelle persone definisco il funzionamento della mente, dunque, come le emozioni e i sentimenti siano strettamente connessi ai pensieri, più tecnicamente chiamati Pensieri Automatici, i quali interpretano gli eventi influenzando così il comportamento. Sovente, capita che gli individui pensino che sono gli eventi a turbarli e fargli sperimentare particolari emozioni, la realtà è invece il modo in cui loro stessi pensano a questi eventi. Ad avere un ruolo decisivo è l’impalcatura cognitiva propria della persona, la quale è frutto di un apprendimento che viene dall’esperienza. Tali apprendimenti generano delle regole automatiche – schemi mentali – che sono resi attivi dalla persona in modo più o meno consapevole ogni volta che la suddetta si trova di fronte a particolari situazioni, soprattutto di fronte a circostanze in cui abbia potuto percepire un pericolo.

Quando si sperimenta una condizione di disagio, ovvero un individuo esperisce emozioni che hanno una connotazione apparentemente non positiva, come ad esempio  paura, tristezza, o si presenta una difficoltà nel corso della vita, la cosa opportuna da fare è fermarsi e percepirne la presenza senza necessariamente voler intervenire o cambiare qualcosa. Ribadisco sempre alle persone con cui lavoro che in realtà in quella forma di disagio può essere celata un’opportunità per ritrovare il giusto orientamento e “rinascere”. Tale presenza è da considerarsi come un compagno di viaggio. Ai miei pazienti spiego sempre che i sintomi, che si esprimono in alcuni casi come sgradevoli manifestazioni emotive, vanno ascoltati, accolti, non vanno combattuti. Bisogna imparare a vedere nei nostri disagi un mistero che sta avvenendo, tali manifestazioni possono essere considerate come i mattoni del nostro sviluppo, della nostra gravidanza interiore. C. G. Jung spiegò che “Nell’inconscio dobbiamo tener conto di categorie diverse da quelle della coscienza; è come nella fisica, dove i fatti sono modificati dal semplice atto di osservarli”. I disagi parlano di noi e del percorso di realizzazione del sé più autentico, possono, altresì, a loro volta raccontare o anticipare il futuro. C’è chi sostiene che sono voci della dea Atena, della provvidenza, che è una funzione del nucleo del sé, della nostra unicità.

 BIBLIOGRAFIA

D’Urso Valentina, Trentin Rosanna, Introduzione alla psicologia delle emozioni. Editori Laterza, 2013.

Ekman Paul, An Argument for Basic Emotions, Cognition and Emotion 6 1992, pp. 169-200.

Goleman Daniel, Intelligenza Emotiva. Best Bur, 2013.

Jung Carl Gustav, I sogni dei bambini, Volume primo, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, p. 11.

Plutchik Robert, Psicologia e Biologia delle Emozioni. Bollati Boringhieri, 1995.

Rainville Claudia, Metamedicina ogni Sintomo è un Messaggio. Edizioni Amrita, Torino 2000.

Nicoletta DeziLa Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa e psicoterapeuta; laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
Per saperne di più (clicca qui)

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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com

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