CRONACA – Questa mattina, a Roma, Catania e Palagonia (CT), i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili a vario titolo dei reati di “tentata estorsione” ed “estorsione”, entrambi aggravati dal metodo mafioso, “procurata inosservanza di pena” e “possesso di falsi documenti di identificazione”.
L’indagine è stata avviata a seguito della denuncia presentata nello scorso luglio da un imprenditore romano, che ha una ditta di autonoleggio nei confronti di un pregiudicato di origini catanesi, stabilitosi ormai da decenni con la propria famiglia nel litorale sud della capitale. L’imprenditore ha riferito che il catanese, assieme alla sua convivente romana, di professione agente immobiliare, ed altri soggetti siciliani, facendo ricorso a minacce e violenze, aveva tentato in quattro distinte occasioni, tra il 10 ed il 14 luglio scorsi di estorcergli circa 50.000 Euro, riuscendo infine, il 14 luglio, a farsi consegnare 2.000 Euro.
Le indagini, sviluppate anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno consentito di ricostruire in maniera compiuta l’intera vicenda, fino all’identificazione di tutti i partecipanti agli episodi delittuosi descritti dalla vittima. E’ stato appurato che il pregiudicato di origine catanese, fingendosene legittimo proprietario, nel giugno 2016 aveva ceduto tre autovetture del valore complessivo di circa 60.000 euro al citato imprenditore.
Dopo aver ricevuto circa 30.000 euro a titolo di anticipo del prezzo complessivo concordato per l’alienazione dei tre veicoli – da saldarsi all’atto del formale passaggio di proprietà – il pregiudicato catanese aveva preteso la restituzione delle tre vetture o, in alternativa, la dazione di ulteriori 50.000 Euro da parte della vittima.
Al fine di vincere le resistenze della vittima, il pregiudicato catanese, la sua convivente ed altri quattro soggetti di origine siciliana, tra il 10 ed il 14 luglio, avevano minacciato di morte e malmenato l’imprenditore, e, al fine di incutergli maggiore timore, lo avevano anche informato di essere appartenenti ad un’organizzazione mafiosa operante nella provincia di Catania. Il 14 luglio 2016, a seguito di reiterate minacce, avevano costretto la vittima a firmare un assegno del valore di 2000 euro, incassato nei giorni successivi.
Si precisa che, nel pomeriggio del 18 luglio 2016, due dei sei estorsori, destinatari dell’attuale misura cautelare, erano arrestati in flagranza di reato per aver percosso l’imprenditore e per averlo rapinato della somma contante di 1.600 Euro, fatti avvenuti presso l’attività commerciale della vittima, sita nei pressi della Stazione ferroviaria Roma-Tiburtina.
Nel corso dell’attività è stato inoltre riscontrato che due dei soggetti catanesi, resisi responsabili delle condotte estorsive denunciate dalla vittima ed arrestati oggi dai Carabinieri, risultano effettivamente appartenenti alla famiglia di mafiosi catanesi denominata MAZZEI-CARCAGNUSI, legati alla più nota famiglia di Cosa Nostra catanese dei SANTAPAOLA. Uno di loro, infatti, annovera condanne definitive per omicidio e associazione di tipo mafioso.
L’altro, invece, figlio di un ergastolano condannato per omicidio e associazione mafiosa, si era reso irreperibile dallo scorso mese di marzo scorso a seguito di una condanna definitiva ad 8 anni di reclusione per rapina aggravata e porto abusivo di armi. Le attività investigative hanno permesso di stabilire che costui, sebbene latitante, aveva partecipato agli episodi estorsivi contribuendo, unitamente agli altri correi, ad intimidire la vittima.
Lo scorso 08 agosto, individuato nell’ambito delle attività in corso, i Carabinieri di Via In Selci lo avevano fatto arrestare dai colleghi di Catania mentre si trovava all’interno di un centro commerciale con la moglie per compiere acquisiti, durante una trasferta in terra etnea. Dalle indagini svolte dal Nucleo Investigativo di Roma è emerso, altresì, che il latitante, utilizzando documenti contraffatti ed avvantaggiandosi dell’appoggio logistico del conterraneo artefice della vicenda estorsiva, aveva ormai stabilito il suo covo nell’area laziale compresa tra Aprilia e Pomezia.