CULTURA – Una leggenda che incuriosisce da centinaia di anni, quella della terza nave romana sommersa sotto le acque del Lago di Nemi. Un mito che è tornato al centro delle cronache e che, se divenisse realtà, potrebbe rappresentare una colossale scoperta storico-archeologica.
Ieri mattina, infatti, sono ufficialmente iniziate le ricerche dell’imbarcazione, tramite lo scandaglio approfondito dei fondali del lago. L’operazione è il risultato di una stretta collaborazione tra vari Enti, finalizzata proprio a dare una risposta definitiva su quanto finora è stato solo supposto.
Comune di Nemi, Arpa Calabria, Carabinieri subacquei, Guardia costiera, Protezione civile, Ispra e Soprintendenza per i beni culturali si sono dunque uniti in un progetto a basso costo, ma dall’alto rendimento, grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici all’avanguardia.
A sostenere con grande convinzione la presenza di un’imbarcazione risalente al periodo dell’imperatore Caligola – come le altre due portate in superficie nel 1929 – è l’architetto e storico Giuliano Di Benedetti. Nelle sue analisi storiche e di documenti antichi, lo studioso ha estrapolato diversi elementi che fanno pensare all’effettiva presenza di una nave romana ancora sommersa dalle acque. Un natante enorme, notevolmente più grande delle altre due portate in superficie nel 1929 e poi distrutte nel 1944 da un incendio provocato dalle truppe tedesche in ritirata al Museo delle Navi Romane.
Le persone che ieri mattina ci hanno illustrato dettagliatamente le operazioni di ricerca sono quindi determinate a ottenere risultati concreti. Presenti sulle sponde del lago, ad accogliere la stampa, il Sindaco di Nemi Alberto Bertucci, Luigi Dattola, Direttore dell’Arpa Calabria, il Comandante della Guardia costiera di Roma e provincia Fabrizio Ratto Vaquer, la Direttrice del Polo museale del Lazio Edith Gabrielli e la squadra composta da Carabinieri subacquei e Protezione civile che ha svolto materialmente le prime operazioni di ricerca.
In barca con loro fino al punto più profondo del lago, dove si crede possa essere nascosta la nave, abbiamo potuto assistere da vicino all’utilizzo del “Side Scan sonar”. Si tratta di una sofisticata sonda in grado di restituire precise immagini in 2D di ciò che “vede” ai suoi lati sott’acqua. Uno strumento versatile che, come ha spiegato Dattola, viene impiegato per indagini ambientali e mappature dei fondali, ma che si presta anche a ricerche di questo tipo. In un secondo momento, toccherà al “Sub Bottom Profiler”, un altro mezzo che raggiungerà il fondo del lago e penetrerà sotto di esso per qualche metro.
Sarà questo, per i ricercatori, il momento più importante, poiché l’eventuale presenza del natante romano nel lato sud-est del bacino potrebbe essere nascosta da spessi strati di detriti e fango depositati nei secoli. Se l’immensa imbarcazione antica non venisse alla luce, le operazioni di questi giorni permetteranno comunque di ottenere una nuova e dettagliata mappatura dei fondali del Lago di Nemi, specchio d’acqua fondamentale per l’ecosistema dell’intera zona dei Castelli Romani.
Obiettivi ambiziosi, dunque, per un progetto che mira a scrivere una nuova pagina nella vicenda delle navi nemorensi: una storia che, tra realtà e leggenda, continua ad affascinare e rendere unici i luoghi che l’hanno ospitata.
Lorenzo Mattia Nespoli
LE NAVI ROMANE DI NEMI
Le navi imperiali del Lago di Nemi risalgono al periodo dell’imperatore Caligola (12-41 d.C.) e rappresentano un esempio importantissimo di tecnica navale romana. Le imbarcazioni, lunghe 70 metri e larghe oltre 25, furono costruite su ordine dell’imperatore come luoghi di soggiorno e vacanza sul lago, o come mezzi tramite cui simulare battaglie navali.
Per secoli, la loro esistenza è stata ritenuta una leggenda. Si raccontava infatti di mezzi enormi, sfarzosi e colmi di tesori sepolti sui fondali del bacino lacustre. Nei documenti antichi non si esistono tracce “ufficiali” che le descrivano. Ciò è dovuto alla “damnatio memoriae” che il Senato romano ordinò dopo la morte di Caligola: le sue opere furono distrutte e le navi affondate nel lago di Nemi.
Le leggende, tuttavia, furono gradualmente accreditate, già a partire dal Cinquecento, dal rinvenimento di numerosi reperti da parte di pescatori locali, nonché da successive immersioni e ricerche. L’emersione definitiva delle imbarcazioni avvenne nel 1929. Con un’enorme opera di recupero e l’utilizzo di idrovore e di un emissario artificiale del lago, venne abbassato il livello del bacino di circa 22 metri. Una volta recuperati, gli scafi furono posti nel Museo delle Navi romane, costruito appositamente per ospitarli.
Fu proprio qui che, nella notte fra il 31 maggio e il 1 giugno 1944, le imbarcazioni vennero distrutte da un incendio appiccato dalle truppe naziste in ritirata. Attualmente, il Museo ospita due modelli delle navi in scala 1/5, insieme a diversi reperti scampati all’incendio.