CULTURA – Inclusione, dialogo, coinvolgimento, ascolto. Sono solo alcune delle parole d’ordine su cui si è basato “Macramè”, il seminario educativo che ha avuto luogo ieri, giovedì 27 aprile, promosso dall’Istituto comprensivo Gianni Rodari di Morena.
L’evento, ospitato dall’Istituto superiore Lombardo Radice del VII Municipio di Roma, ha chiamato a raccolta numerose realtà scolastiche e associative della Capitale, ponendosi come un punto di partenza per discutere su temi attuali e fondamentali. Ospite d’onore è stato Franco Lorenzoni. Il maestro elementare di Giove, in Umbria, attivo nel Movimento di Cooperazione Educativa, è tra i fondatori della Casa-laboratorio Cenci di Amelia e autore di numerose opere e progetti dedicati all’educazione ambientale, artistica, interculturale, nonché all’oralità e all’arte del narrare.
Già dal titolo scelto, “Macramè”, si è resa evidente la volontà di analizzare a fondo e con precisione ogni sfaccettatura e aspetto del sistema educativo e della didattica, intesi proprio come un ricamo di precisione, fatto di nodi e intrecci funzionali l’un l’altro. Non è possibile, infatti, sottovalutare il ruolo importantissimo che l’insegnamento svolge nella formazione dei caratteri di bambini e ragazzi. Come ha sottolineato Maria Pia Foresta, Dirigente scolastico dell’Istituto Rodari, si tratta di un compito che non può e non deve essere isolato, ma che deve porsi come risultato di collaborazioni proficue tra varie realtà, proprio in un “macramè” da comporre insieme, prendendo quanto di positivo può offrire ciò che circonda la scuola.
Per questo, il seminario cui abbiamo preso parte ieri ha voluto offrire ai partecipanti la possibilità di entrare in contatto diretto con tutte le istanze che, giorno per giorno, si impegnano affinché il tempo trascorso tra i banchi dei plessi non sia soltanto una quotidiana routine imposta a ragazzi e docenti.
Di arricchimento derivato dal contatto con l’esterno hanno parlato Gianluca Carmosino, redattore di Comune-info.net, e Roberto Latella, Presidente dell’Associazione “Il laboratorio”. «La scuola – ha detto Latella – è uno dei pochi luoghi in cui ancora si può parlare davvero di democrazia, in cui cioè si incontrano e convivono esperienze e personalità completamente diverse». Proprio sulla base di queste differenze, occorre «lavorare sulle competenze specifiche dei ragazzi, valorizzandole affinché possano generare interesse e capacità critica».
Il mondo delle associazioni, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale. Uscire, socializzare e scambiare conoscenze significa infatti superare chiusure e diversità mettendosi in gioco. Gli interventi di Michelangelo Papuzza, rappresentante del “Movimento Associativo Culturale Cinecittà Est”, di Marco Caputi, della Cooperativa “Diversamente”, di Loris Antonelli, dell’Associazione “Via libera”, di Fabrizio Fiore per la Comunità “Il Chicco” e Claudio Oroni per la “Casa Scalabrini” hanno insistito proprio su queste tematiche. Laboratori di poesia, corsi, scambi di libri, aggregazione, confronto e soprattutto ascolto dei ragazzi sono tutte attività che contribuiscono a migliorare la formazione personale di giovani e giovanissimi, e che devono instaurare un rapporto proficuo con l’insegnamento scolastico.
Di collaborazioni efficaci ha poi parlato anche Anna Di Norcia, ricercatrice della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha esposto la ricerca-intervento sulle competenze socio-emotive portata avanti presso l’Istituto comprensivo Via del Calice. La studiosa ha sottolineato come il percorso intrapreso sia stato utile sia agli accademici che a insegnanti e alunni, per comprendere meglio dinamiche sociali e problematiche dei gruppi scolastici.
Gli schemi e le ricerche scientifiche, tuttavia, rischiano di ridurre e semplificare troppo complessità e specificità dei rapporti tra insegnanti e ragazzi. È quanto ha sostenuto Franco Lorenzoni. Nel suo brillante intervento, il maestro ha raccontato alcune delle esperienze vissute in prima persona, centrando l’attenzione sull’importanza di valorizzare le caratteristiche di ogni alunno. «I bambini – ha detto – hanno bisogno di essere ascoltati: la didattica deve andare al passo con loro e con i loro bisogni. Non siamo tutti bravi nelle varie discipline allo stesso modo, ognuno è se stesso con le sue peculiarità, e la scuola deve essere in grado di esaltarle, costruendo un linguaggio specifico per ogni situazione».
In questo risiede il senso dell’inclusività, ossia di una didattica non imposta o “calata dall’alto”, ma costruita cercando di far leva sulle singole identità, e dunque sulle singole passioni. Così, secondo Lorenzoni, «gli oggetti culturali devono essere utilizzati per capire chi siamo, per far aprire gli alunni, per farli auto-comporre e fare in modo che si migliorino, non soltanto per inculcare meccanicamente nozioni che poi rischiano di essere dimenticate». Perciò, il lavoro dell’insegnante è un’attività «artigianale, in cui si tramanda l’amore per ciò che si spiega, rinnovando ogni giorno lo stupore e l’interesse. Solo così sarà possibile lasciare un segno nei ragazzi».
Lorenzo Mattia Nespoli