“La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità”. Questo uno dei passaggi più illuminanti del De Oratore di Cicerone.
Fissati nella storia che abbiamo alle spalle come uomini e come società mondiale, dunque, possiamo trovare antichi errori che potrebbero farci da faro, perché non si replichino in infiniti rivoli e in infinite forme che l’uomo fa loro prendere per giustificare delitti, pubblici e privati, politici e non.
Vladimyr Martelli, nato a Roma, funzionario pubblico e studioso di storia e umanesimo, ha, nel tempo pubblicato diversi saggi relativi a precisi periodi storici. Ora quei saggi sono stati raccolti in un volume dal titolo “Tra tolleranza ed intransigenza” edito da Bibliotheka. Abbiamo chiesto all’autore di raccontarci questo libro, la sua passione per la storia e i tanti perché che legano gli eventi umani, che trasformano le società.
Come è nata l’idea del libro
“Il libro è il frutto di miei saggi scritti nel corso del tempo, diciamo così, concentrati in un arco temporale che unisce il Medioevo, fino al 1943 a Roma. Studiando e scrivendo di questo periodo storico così lungo mi sono accorto che gli eventi erano legati da una sorta di fil rouge: la tolleranza e l’intransigenza. La storia è stata sì analizzata in un periodo ben preciso ma ogni capitolo è come se fosse un’istantanea. E tutte le immagini che vengono fuori, messe in fila fanno emergere le infinite contraddizioni fra il potere e le cosiddette categorie marginali: i pellegrini, i vagabondi, gli zingari, i banditi dello Stato Pontificio, tutte trattate in modi diversi a seconda dell’epoca e ognuna che fa esplodere intolleranze e trattamenti politici e giuridici ad hoc”.
Cosa ritrova nell’attuale momento storico degli argomenti che tocca nel suo libro?
“Che viviamo in continui paradossi ma questa è una costante di ogni epoca. Ad esempio, se vogliamo rivolgerci ad uno specifico problema, possiamo parlare del trattamento riservato alle prostitute nella città del Papa-re. Ebbene il Papa-re emise un bando per cacciarle via ma la società si ribellò e perchè? Perché quelle donne affittavano delle case, distribuivano ricchezza, erano un calmante sociale tanto che furono ricambiate con delle manifestazioni contro il bando. Il potere temporale fu costretto così, come si legge nel libro, a scendere a patti con quel fenomeno, con quella realtà”.
Nella chiesa la tolleranza e l’intransigenza sono sempre state categorie fin troppo applicate
“Diciamo che la Chiesa, anche per naturale vocazione, si è sempre mossa a favore delle categorie sociali più svantaggiate. Per gli stessi zingari, tentò una politica di integrazione, li accolse, li tollerò permettendo a molti gruppi di vivere nel cosiddetto quartiere detto la Suburra, zona antichissima, dominata da un’area monumentale e che ospitava i tanti disagiati della società dell’epoca fra i quali, appunto, gli zingari. Una categoria, quella dei nomadi, tanto importante e presente a Roma da dedicarle anche una piazza. Eppure, quando la società tenta di costituirsi e darsi delle regole intransigenti, anche pilotata dalla politica, tende poi a respingere i soggetti che sembra non vogliano rispettare le regole civili, li tiene alla larga, li guarda con occhio sospetto. Il dipinto di Caravaggio dal titolo Buona ventura (utilizzato sulla copertina del libro, ndr) ne è un esempio emblematico: la zingara che legge la mano ma in realtà tenta di sfilare l’anello al malcapitato”.
Zingari che le persecuzioni le conoscono da sempre
“Se parliamo dell’epoca fascista, ebbene il fascismo ha paura di loro, li guarda con grande sospetto eppure quando nel 1939 vengono emesse le leggi Razziali Fasciste, queste non toccano gli zingari ma solo gli ebrei, altra categoria che conosce da sempre la sopportazione. Il fascismo crea per i nomadi campi d’internamento, sorvegliati e dove vigono regole ben precise. Lì dovevano soggiornare con la polizia fascista appunto, a sorvegliare. Una organizzazione molto simile al confino. Li tollera? Forse. Certo anche loro, purtroppo, faranno parte del meccanismo diabolico dei campi di concentramento nazisti senza dimenticare che anche l’Italia fu terra di questi campi. Ricordiamo per esempio, la Risiera di San Sabba a Trieste”.
Diciamo che la parola intransigenza l’abbiamo declinata ma la parola tolleranza come la possiamo catalogare? E dove e perché si è intolleranti?
“La parola intolleranza attiene alla sopportazione che ha sempre un limite in sé. Ma l’intolleranza esiste quando non c’è una vera integrazione, quando categorie vengono espulse dalla società ma orbitano comunque intorno alla stessa perché ne fanno parte, sono il monito che qualcosa non va in quella organizzazione. Una società che ha paura del diverso è destinata ad estinguersi perché la selezione di chi deve stare dentro e chi fuori si farà sempre più dura. Ma non esistono razze pure, perché non esistono le razze se non quella umana. Assistiamo ora a un fenomeno migratorio forte e complesso. Le politiche nazionali cercano di fare accordi con i paesi di partenza per cercare di fermare o arginare i flussi. Ma se non si coagula intorno a questo fenomeno una politica sovranazionale che coinvolga i paesi in via di sviluppo, che tenti di formare percorsi per integrare, si vedranno sempre più spesso persone intolleranti ai migranti. Che vengono sì accolti ma anche, nello stesso tempo, espulsi, ospiti di centri che non offrono nulla, e che diventano merce a disposizione del malaffare”.