Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità

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Con questo appuntamento concludiamo l’affascinante viaggio che ha percorso i labirinti della personalità e le sue forme più devianti. Affronteremo oggi il Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità, ovvero l’ultimo sistema maladattivo del gruppo C o cluster ansioso.

E’ doveroso, innanzitutto, precisare una distinzione tra il Disturbo (o nevrosi) Ossessivo – Compulsivo e il Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità; il primo caso definito anche come DOC è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni. Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti che sono esperiti come indesiderati, mentre le compulsioni sono comportamenti o azioni mentali ripetitive che un individuo si sente obbligato a compiere in risposta a un’ossessione o secondo regole che devono essere rigidamente applicate.

Dunque, la persona che soffre di DOC è tormentato da pensieri ricorrenti dal contenuto spiacevole ed è spinto a mettere in atto comportamenti rituali. Tali manifestazioni sintomatiche sono egodistoniche, ovvero, l’individuo le riconosce come  problematiche e solitamente desidera liberarsene. Differentemente, i tratti che caratterizzano la diagnosi di Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM 5 (American Psychiatric Association, 2014), sono schemi duraturi egosintonici; pertanto, tali tratti  raramente causano disagio ai soggetti che ne sono affetti e possono essere considerati in alcuni casi, come vedremo in seguito, altamente adattivi, per esempio in ambito lavorativo.

Il Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità è uno dei disturbi di personalità maggiormente diffuso nella popolazione generale, con una prevalenza stimata che va dal 2,1 al 7,9%; sembra, inoltre, essere diagnosticato con una frequenza doppia tra i maschi.

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INDICI DESCRITTIVI

Secondo il DSM 5 la caratteristica essenziale del Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità è la preoccupazione per l’ordine, il perfezionismo e il controllo mentale e interpersonale, a spese di flessibilità, apertura ed efficienza. Questo pattern inizia entro la prima età adulta ed è presente in molteplici contesti.

Gli individui affetti da tale disturbo cercano di mantenere il controllo attraverso un’attenzione minuziosa per le regole, i dettagli futili, le procedure, i programmi o la forma, al punto che va perduto lo scopo principale dell’attività. Sono eccessivamente accurati e inclini alla ripetizione, prestano una straordinaria attenzione ai dettagli e sono tesi a controllare ripetutamente, in cerca di eventuali errori. Il tempo è, sovente, male organizzato, i compiti più importanti possono essere lasciati all’ultimo minuto.

Il perfezionismo e gli elevati standard di prestazioni che essi si impongono, causano nei suddetti individui un significativo disagio e compromissione del funzionamento. Queste persone mostrano una dedizione eccessiva al lavoro e alla produttività, fino all’esclusione delle attività di svago e delle amicizie. Va sottolineato che tale comportamento non è giustificato da una necessità economica. Essi sentono, sovente, di non avere tempo per dedicare una serata o un fine settimana a qualche uscita, o esclusivamente per rilassarsi e nei casi in cui si riservano del tempo per le attività ricreative o per le vacanze sono molto a disagio, a meno che non si portino con sé del lavoro in modo da non “perdere tempo”. I passatempi o le attività ricreative sono affrontati come compiti seri che richiedono un’attenta organizzazione e un duro lavoro di controllo. L’enfasi è posta sull’esecuzione perfetta. Questi individui trasformano ogni attività ludica in un compito strutturato.

Queste persone possono essere eccessivamente coscienziose, scrupolose e intransigenti, in tema di moralità, etica o valori, possono, dunque, forzare se stessi e gli altri a seguire rigidi principi morali e standard di prestazione molto rigorosi, nonché essere impietosamente autocritici nei confronti dei propri errori. Tali persone sono, inoltre, rigidamente sottomessi all’autorità e alle norme e sono soliti insistere sull’obbedienza quasi assoluta, senza che si possa fare alcuno strappo alle regole anche in circostanze estreme. Un’altra singolare caratteristica che le distingue è data dal fatto di essere incapaci di gettare via oggetti consumati o di nessun valore, anche nei casi in cui non vi sia alcun significato affettivo.

Tali individui sono riluttanti a delegare compiti o a lavorare insieme agli altri; insistono pervicacemente e irragionevolmente perché ogni cosa sia eseguita secondo le loro modalità e perché questi si conformino al loro modo di fare. Sovente, forniscono istruzioni molto dettagliate su come dovrebbero essere compiuti alcuni compiti e sono sorpresi se non addirittura irritati nei casi in cui le altre persone suggeriscono alternative creative.

I soggetti con Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità possono essere avari, taccagni e mantenere un livello di vita al di sotto di quanto possano permettersi a causa di convinzioni riguardanti una gestione delle spese attenta e controllata al fine di provvedere efficacemente in caso di eventuali future catastrofi. Tali persone si distinguono per testardaggine e rigidità; totalmente assorti nelle loro prospettive che hanno difficoltà a riconoscere i punti di vista degli altri. Gli amici e i colleghi possono essere frustrati da tali rigidità. Anche nei casi in cui gli Individui con questo profilo di personalità riconoscono che giungere a un compromesso può essere nel loro interesse, possono testardamente rifiutare di farlo, sostenendo che “è il principio quello che conta”.

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IPOTESI PATOGENA

Gli individui con Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità soffrono di una notevole mancanza di fiducia in se stessi. Da bambini la loro esperienza è, sovente, stata quella di non essere sufficientemente valorizzati o amati dai loro genitori. In alcuni casi tale percezione può essere correlata a una reale distanza o freddezza delle figure genitoriali, mentre in altri casi questi bambini possono semplicemente aver richiesto rassicurazione e affetto in misura superiore alla norma per provare una sensazione di approvazione genitoriale (Gabbard, 1985).

Secondo Lorenzo Recanatini in famiglia poteva essere presente, accanto a modalità distanti, una pressante coercizione a fare le cose in modo corretto e a seguire scrupolosamente le regole, indipendentemente dai costi personali che questo avrebbe comportato. Manifestazioni di affetto sarebbero state rare e avrebbe dato grande importanza alla razionalità, alla perfezione e all’ordine. Le richieste prestazionali dei genitori non terrebbero conto del livello evolutivo raggiunto dal piccolo.

Il severo moralismo che sarebbe aleggiato in famiglia avrebbe incoraggiato l’obbedienza giustificando il ricorso a pratiche educative eccessive. Il bambino arriva, dunque, a identificarsi con i comportamenti e gli ideali di un genitore freddo e controllante, tendendo quindi a sottomettersi all’autorità o a un principio; cerca la perfezione in sé e negli altri, sforzandosi di raggiungere standard elevati, imponendosi di fare il meglio, sottolineando e rammaricandosi per gli errori commessi. Il fanciullo potrebbe essere punito poiché non riesce ad essere perfetto, mentre non riceverebbe premi e lodi per i propri successi. Ne consegue che il piccolo impara ad essere accorto, a far si che tutto sia fatto bene e sia in ordine, esercitando un controllo costante su di sé e sull’ambiente al fine di evitare ammonimenti o punizioni da parte dei genitori.

Le frequenti punizioni e gli esigui premi lo porterebbero a concentrarsi maggiormente sugli errori rispetto ai successi, che di fatto non riesce a riconoscersi, condizione per cui lo renderebbe estremamente critico verso se stesso e gli altri. Il bisogno di essere perfetto spiegherebbe la sua futura indecisione, l’incertezza, il continuo controllare e ricontrollare, pianificare e ripianificare. Non essendogli mai stato riconosciuto il successo non sperimenterebbe la sensazione di aver raggiunto un obiettivo.

Si rende chiaro un quadro caratterizzato da un ambiente familiare in cui sarebbe presente un forte controllo, mentre l’affetto, le coccole, il divertimento, le risate e l’interazione ludica sarebbero rari. Ne consegue la grande difficoltà dell’Ossessivo  – Compulsivo ad entrare in intimità con gli altri, a gestire e comunicare i propri sentimenti.

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CARATTERISTICHE INTERPERSONALI

In merito alla sfera relazionale, gli individui Ossessivo – Compulsivi sono, sovente, accusati dalle persone più vicine di esercitare un eccessivo controllo nei loro confronti. Tale bisogno di controllare gli altri origina dalla sensazione fondamentale che le sorgenti esterne di affetto siano temporanee e possano, dunque, scomparire da un momento all’altro. Da qualche parte in ogni Ossessivo – Compulsivo c’è un bambino che non si sente amato. La scarsa stima di sé connessa a questa sensazione infantile di non essere valorizzato, induce questi individui a ritenere che gli altri preferirebbero non avere a che fare con loro. Nonostante i loro sforzi di essere rispettosi, premurosi e condiscendenti, la paura di poter allontanare gli altri è, sovente, giustificata; di fatto  il loro comportamento tende ad irritare ed esasperare coloro che vi vengono in contatto.

La persona che manifesta tale comportamento può essere però percepita in maniera molto diversa a seconda del rapporto di potere che caratterizza la relazione (Josephs, 1992). Rispetto ai subordinati le persone con Disturbo Ossessivo – Compulsivo di Personalità appaiono come dominanti, ipercritici e controllanti, mentre nei confronti dei loro superiori possono sembrare falsamente suadenti e ossequiosi. Paradossalmente, la vera approvazione e il vero amore che tali individui ricercano sono quindi messi a rischio dai loro stessi atteggiamenti, ed essi si sentono costantemente non apprezzati nonostante cerchino disperatamente di ottenere la tanto desiderata accettazione da parte delle altre persone.

Molti di questi individui sono soggetti a diventare lavoro – dipendenti poiché sono spinti inconsciamente dalla convinzione che l’amore e l’approvazione possano essere ottenuti solo attraverso sforzi eroici tesi a raggiungere livelli straordinari nella sfera professionale. La rigorosa devozione al lavoro, tipica di questi individui, permette in alcuni casi di raggiungere un successo professionale in cui l’attenzione al dettaglio è essenziale, tuttavia i familiari e i partner trovano, sovente, difficile vivere con queste persone e frequentemente li spingono a chiedere una consultazione psichiatrica.

(Tutte le immagini sono tratte dal libro di L. Recanatini, Scusate il Disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes)

 BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnistico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM – 5). Raffaello Cortina Editore.

Gabbard, G. O. (1985) The role of compulsiveness in the normal physician. Jama, 254. Pp. 2926-2929.

Josephs, L. (1992) Character Structure and the Organization of the Self. Columbia University Press, New York.

Recanatini L. (2008), Scusate il Disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes.

Nicoletta DeziLa Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa e psicoterapeuta; laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
Per saperne di più (clicca qui)

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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com

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