Disturbo d’Ansia sociale o Fobia sociale

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Per questo articolo ho scelto di parlare di uno dei disturbi d’ansia che, per le sue peculiarità, va a ledere un aspetto fondamentale dell’essere umano, ovvero la capacità di relazionarsi con le altre persone. L’uomo che per sua natura è un essere sociale quando sperimenta la particolare forma di disagio psichico, quale l’ansia sociale, tende a precludersi occasioni di crescita personale ed evoluzione attraverso la relazione con l’ “altro”.

Il disturbo di ansia sociale o più comunemente conosciuta come fobia sociale è una problematica comune, in cui il soggetto teme che le proprie prestazioni lo possano esporre a valutazioni negative da parte degli altri. Il termine “prestazione” fa riferimento all’esecuzione di compiti quotidiani soggetti al giudizio altrui, quali mangiare in pubblico, firmare o parlare a uno sconosciuto o a un gruppo di persone.

Tali individui credono che il loro comportamento sia considerato negativamente dagli altri e temendo di essere  rifiutati, perdono, dunque, la stima di se stessi. Il concetto di paura del giudizio altrui è l’aspetto centrale del disturbo d’ansia sociale, oltre ad essere considerato fondamentale anche nell’eziologia e nel mantenimento del suddetto (Clark e Wells, 1995; Wells e Clark, 1997).

 SINTOMATOLOGIA

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Ciò che caratterizza il disturbo d’ansia sociale, così come definito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM5 (American Psychiatric Association, 2014) è una marcata e intensa paura o ansia relative a situazioni sociali in cui l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Per ciò che riguarda più propriamente le interazioni sociali, esempi tipici riguardano l’essere coinvolti in una  conversazione o incontrare persone sconosciute o, ancora, il timore di essere osservati per esempio mentre la persona mangia o beve o anche esegue una prestazione di fronte ad altri come fare un discorso.

Nei casi in cui l’individuo è esposto alle succitate situazioni, teme di essere valutato negativamente è, dunque, fortemente preoccupato di apparire ansioso, debole, stupido, noioso, pazzo, sporco o addirittura spregevole. La persona mostrerà sintomi d’ansia, come arrossire, tremare, sudare, inciampare nelle parole o fissare, ciò lo porrà ad una possibile valutazione negativa da parte degli altri. Un individuo che ha paura che gli tremino le mani può evitare di bere, mangiare, scrivere o indicare in pubblico, mentre chi teme di sudare sarà propenso a evitare di stringere la mano o per esempio si limiterà nel magiare cibi speziati; chi ha paura di arrossire può sottrarsi a situazioni che lo esibiscano in pubblico o eviterà luci forti o ancora di discutere su argomenti intimi.

Le situazioni sociali provocano quasi sempre paura o ansia intense, tali persone possono sperimentare un ansia anticipatoria, la quale può verificarsi, in alcuni casi, eccessivamente in anticipo rispetto a situazioni future, per esempio l’individuo con tale problematica si preoccuperà ogni giorno per settimane prima di partecipare a un evento sociale dove dovrà parlare in pubblico e si troverà costretto a ripetere per giorni il discorso che dovrà fare.

Per quanto riguarda la sfera dell’infanzia, nei bambini, la paura o l’ansia devono manifestarsi in contesti in cui vi sono coetanei e non solo durante le interazioni con gli adulti. Nei piccini tali emozioni possono essere espresse con pianto, scoppi di collera, immobilizzazione, ritiro durante le interazioni sociali.

 PATOGENESI

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L’età media di insorgenza del disturbo d’ansia sociale, nei paesi occidentali, è stata stimata tra gli otto e i quindici anni. Talvolta tale disturbo emerge da una storia infantile di inibizione o timidezza, tuttavia l’esordio può verificarsi anche nella prima infanzia. Tale esordio può avvenire in seguito ad un’esperienza stressante o umiliante, per esempio essere vittima di bullismo o vomitare durante un discorso in pubblico, oppure sviluppare lentamente in modo insidioso.

Il primo esordio in età adulta è relativamente raro e si verifica con più probabilità in seguito a un evento stressante o umiliante oppure a cambiamenti di vita che richiedono nuovi ruoli sociali, per esempio ricevere una promozione sul lavoro. Secondo alcuni studi, la prevalenza media di persone che ne soffrono in Europa è del 2,3% ed in generale sembra che l’ansia sociale caratterizzi maggiormente le donne rispetto  agli uomini.

 CARATTERISTICHE

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Gli individui con disturbo da ansia sociale possono essere inadeguatamente assertivi o eccessivamente remissivi oppure, meno frequentemente, possono indirizzare fortemente la conversazione. Possono, altresì, mostrare una postura del corpo eccessivamente rigida o un contatto visivo inadeguato o, ancora, parlare con un tono di voce estremamente basso. Tali persone possono essere timidi o apparire ritirati, restii nelle conversazioni e rivelare poco di se stessi. Sono, sovente, portati a cercare occupazioni in settori che non richiedono un contatto sociale.

La peculiarità che caratterizza questi individui è data dal fatto di sovrastimare le conseguenze negative relative a situazioni sociali e dalle marcate forme di evitamento che mettono in atto.

DISTURBO E COMPROMISSIONE DELLA QUALITA’ DELLA VITA

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Ansia sociale – Lorenzo Recanatini, Alpes Editore

Ciò che contraddistingue questi individui sono, dunque, le numerose condotte di evitamento, per cui il soggetto evita ogni tipo di situazione temuta. I motivi dell’evitamento possono essere diversi: si può provare un’ansia così intensa da ritenerla ingestibile o si può essere stanchi di affrontare delle situazioni in cui si lotta contro la propria sensazione di inadeguatezza. In alcuni casi gli evitamenti possono portare al quasi esclusivo isolamento sociale della persona.

Per tenere sotto controllo l’ansia e l’eventualità di essere giudicati negativamente, si possono mettere in atto anche i cosiddetti comportamenti protettivi. Ad esempio il soggetto può non togliere la giacca in un ambiente caldo per non far vedere che suda, creando, così, le condizioni per sudare ancora di più e sentirsi ancora di più in imbarazzo.

I comportamenti protettivi, come quelli di evitamento, temporaneamente riducono il timore di fare una brutta figura, ma alla lunga peggiorano i sintomi. Questo quadro non potrà che confermare le previsioni iniziali di fallimento e la valutazione negativa di sé tipici di chi presenta il disturbo d’ansia sociale.

Quest’ultimo, insieme ad emozioni come ansia e paura e rabbia interferiscono significativamente con la qualità di vita dell’individuo, con la normale routine come il funzionamento lavorativo, scolastico o relazionale.

Pertanto, tale quadro patologico è associato ad alti livelli di abbandono scolastico e a una diminuzione del benessere, dell’occupazione, della produttività lavorativa, dello status socio – economico e della qualità della vita della persona che ne è affetta. Il disturbo di ansia sociale è, altresì, associato all’essere single, non sposato/a o divorziato/a e all’assenza dei figli, soprattutto negli uomini. Tali individui possono rimanere nella casa d’origine più a lungo, possono ritardare il momento del matrimonio o di scegliere di avere una famiglia, mentre le donne che vorrebbero lavorare fuori casa saranno tese a vivere una vita come casalinghe e madri.

Nonostante l’entità del disagio e della compromissione sociale, solo circa la metà degli individui con questa problematica psicopatologica richiede un trattamento e tende a farlo soltanto dopo quindici, vent’anni di sintomatologia. Tali persone oltre a sperimentare uno stato di isolamento possono sviluppare una depressione secondaria.

 TRATTAMENTO

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La terapia che è risultata essere più efficace nel trattamento del disturbo d’ansia sociale è quella ad approccio cognitivo – comportamentale. Nel corso del trattamento la persona, portatrice del disagio, è aiutata a prendere consapevolezza delle spinte motivazionali che soggiacciono a un’impalcatura cognitiva e comportamentale disfunzionale, tipica del disturbo d’ansia sociale e a svincolarsene progressivamente mediante l’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più ordinati. Il terapeuta, altresì, potrà intervenire su un piano più propriamente comportamentale attraverso l’impiego di alcune tecniche come quella, ad esempio, immaginativa o di desensibilizzazione sistematica che portino il paziente all’esposizione graduale e progressiva di stimoli tipici, temuti ed evitati.

Un’ulteriore forma di intervento da affiancare alla psicoterapia che è sembrata essere utile nel trattamento di pazienti con tale psicopatologia è il social skill training o training delle abilità sociali, la cui terapia di gruppo è  finalizzata allo sviluppo e/o all’incremento delle competenze sociali (per esempio la capacità di risoluzione dei conflitti) e all’acquisizione di modalità personali al fine di affrontare le situazioni interpersonali temute. In un ambiente “protetto”, l’individuo può riuscire a modificare la rappresentazione di sé sperimentando rapporti sociali con gli altri membri del gruppo e facendo suoi i feed-back sul proprio comportamento.

Per ciò che concerne le terapie farmacologiche, quelle caratterizzate da antidepressivi, così come anche da alcuni farmaci ansiolitici, possono aiutare nella terapia del disturbo d’ansia sociale. Ad ogni modo, la persona che fa uso esclusivamente di una terapia farmacologia, senza un percorso psicoterapeutico, presenta elevati tassi di ricaduta.

BIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnistico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM – 5). Raffaello Cortina Editore.

Clark, D.M. & Wells, A. (1995). A cognitive model of social phobia. In: R. Heimberg, M. Liebowits, D.A. Hope & F.R. Schneier (Eds.), Social Phobia: Diagnosis, Assessment and Treatment. New York: Guilford Press.

Wells, A. & Clark, D.M. (1997). Social phobia: a cognitive approach. In: D.C.L. Davey (Ed.), Phobias: A Handbook of Description, Treatment and Theory. Chichester: Wiley.

Wells Adrian (1999). Trattamento Cognitivo dei Disturbi d’Ansia. McGraw-Hill.

Nicoletta DeziLa Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa e psicoterapeuta; laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
Per saperne di più (clicca qui)

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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com

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