CRONACA – Nei giorni scorsi gli Agenti della Polizia di Stato hanno eseguito diverse misure cautelari, emesse dall’autorità giudiziaria, sia nella capitale che nei comuni di Lariano ed Avezzano, nei confronti di cittadini romeni ed italiani, nell’ambito di una complessa attività di indagine, denominata “Easy Credit”, appartenenti ad una organizzazione criminale dedita alla commissione di truffe ai danni di banche, servizi interbancari ed esercizi commerciali, attraverso l’indebito utilizzo di carte di credito clonate ad ignari possessori.
Le indagini hanno avuto origine da una querela presentata contro ignoti, presso il Commissariato di Polizia Viminale da una cittadina russa, vittima di clonazione della propria carta di credito utilizzata per una serie di acquisti presso vari esercizi commerciali con alcuni negozianti compiacenti, come si è successivamente accertato nel corso delle indagini.
Dalla semplice querela e dai pochi elementi a disposizione, gli investigatori della Polizia di Stato hanno iniziato un approfondito excursus di ogni singola carta di credito utilizzata fraudolentemente. Il minuzioso lavoro investigativo ha indotto gli agenti della Polizia di Stato non solo a porre in essere un’articolata analisi ed esame di tutti i tabulati telefonici ma anche a decifrare una mole di documentazione bancaria attestante le operazioni effettuate dai possessori delle carte di credito clonate.
Attraverso l’analisi e l’esame di tutti gli elementi raccolti nel corso della lunga attività investigativa, si è accertato che la clonazione delle carte di credito non era riconducibile ad una sola persona ovvero ad un piccolo gruppo di persone ma addirittura ad una vera organizzazione criminale costituita da un elevato numero di persone che all’interno dell’organizzazione, ciascuno di loro espletava una funzione specifica con un ruolo ben determinato per evitare che gli stessi potessero essere individuati e arrestati.
L’individuazione di una vera e propria organizzazione criminale dedita alla clonazione delle carte di credito, alla ricettazione, ai falsi documentali, al favoreggiamento e ad altri delitti, hanno suggerito agli investigatori di effettuare delle intercettazioni telefoniche che, nella fattispecie in esame, sono state supportate da vari servizi di appostamento e di pedinamento che hanno consentito a far individuare gli appartenenti all’organizzazione criminale.
In particolare si è accertato che l’organizzazione, che operava principalmente nella capitale, ma anche in altre province del centro Italia, sfruttando la complicità di soggetti compiacenti operanti all’interno di pubblici esercizi, in particolare camerieri in servizio presso ristoranti del centro di Roma, acquisiva fraudolentemente i codici identificativi di titoli di credito, forniti da ignari clienti per il pagamento di servizi, che venivano successivamente clonati mediante sofisticati congegni elettronici, skimmer, personal computer e software, sequestrati durante l’operazione.
L’indagine si è conclusa con l’esecuzione dei provvedimenti cautelari che hanno consentito, complessivamente, di indagare 22 persone – di cui 10 di origine romena – , 4 delle quali arrestate in flagranza di reato ed una, il capo dell’organizzazione, A.R.C. con vari precedenti di Polizia, romeno di 29 anni, associato in carcere in esecuzione dell’ ordinanza di custodia cautelare.
Nell’ambito dello stesso procedimento, il Tribunale, ha emesso 7 provvedimenti cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, nei confronti di altri 5 cittadini romeni e di 2 cittadini italiani, questi ultimi, pubblici esercenti, per aver consentito, a fine di lucro, l’utilizzo di carte clonate presso le rispettive attività commerciali tra cui gioiellerie e negozi di abbigliamento. Nel corso dell’operazione sono state sequestrate numerose apparecchiature informatiche utilizzate per la clonazione delle carte di credito, 30 carte di credito clonate e numerosi documenti di identificazione contraffatti utilizzati per le fraudolente transazioni. Complessivamente, in base ai riscontri effettuati, sono state accertate spese illegali con “moneta elettronica”, stimabili intorno ai 300.000 euro.