CULTURA – “Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’ più di silenzio, forse qualcosa potremmo capirla”. Il finale di “La voce della luna”, ultima opera cinematografica di Federico Fellini, ha riassunto il messaggio che Nicola Piovani ha voluto lasciare alla città di Albano.
Il Maestro, nella quarta serata dell’Anfiteatro festival, ha consegnato alla disponibilità del cuore un percorso per una riflessione esistenziale, attraverso pennellate impressionistiche del colore della musica, della storia e del giornalismo. Insieme a Marina Cesari (fiati), Pasquale Filastò (chitarra), Marco Loddo (basso) e Cristian Marini (batteria), il Maestro ha eseguito alcuni dei suoi più grandi successi, collegati tra loro da alcuni eleganti intermezzi umoristici. Iniziando con uno spaccato del contesto musicale odierno, il premio Oscar ha cercato di far riscoprire il piacere dell’incontro tra il musicista e il pubblico, nullificato dalla commercialità del prodotto musicale. Grande l’applauso che ha interrotto l’introduzione a “Non al denaro non all’amore né al cielo” e “Storia di un impiegato”, album di Fabrizio De André, uno degli ultimi e veri grandi artisti italiani. Tanta la commozione anche per il motivo del film “La vita è bella”, diretto da Roberto Benigni, la cui colonna sonora ha innalzato Piovani al massimo riconoscimento del mondo del cinema.
Le favole antiche, quelle create dall’animo stupefatto e commosso degli antichi greci, hanno aperto la seconda parte del concerto. Il quintetto ha riproposto le messe in musica dei miti di Icaro, Narciso ed Eco, personaggi ancora così attuali, perché portavoce di valori eterni rispetto all’effimerità dei secoli. E un cenno è stato fatto anche a un mito da molti dimenticato, quello della bella Europa sedotta da uno Zeus taurino. “Io non riesco a pensare a una Grecia senza Europa e una Europa senza la Grecia” ha dichiarato Piovani, rendendo pubblica la sua idea circa la situazione al di là dell’Adriatico. Il percorso si è concluso all’omaggio già citato a “La voce della luna”, anticipato da un’amara constatazione sul caotico modo di fare informazione oggi. Un accavallarsi di voci e immagini, che non permettono all’individuo di capirci qualcosa, non solo della mera notizia ma della vita stessa.
Mirko Giustini