Genzano, “La scuola che vogliamo”, il tema del convegno che si è svolto lo scorso 9 ottobre

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POLITICA – Partecipato e ricco di interventi il convegno organizzato dall’associazione Calt, Rifondazione comunista, Sel e Verdi. Scopo dell’iniziativa, a detta della moderatrice, Marta Bevilacqua, consigliera comunale e insegnante precaria, è stato sia informare sulle caratteristiche della legge cosiddetta della “buona scuola” sia indicare un’alternativa possibile e costruita con chi la scuola la vive, per impedire che la scuola pubblica italiana venga trasformata in una grande azienda che forma, anzichè cittadini informati, consumatori e lavoratori precari.

La riforma, dietro la retorica del nuovo, comporta un ritorno al passato, giacchè riduce il potere degli organi collegiali e l’autonomia docente, continua a fare uso di personale precario, prevede, addirittura, la possibilità per le scuole di accedere a finanziamenti privati, aprendo la strada alla creazione di scuole di serie A e di serie B. Con la legge 107 la scuola italiana, che è stata per decenni la scuola di tutti, la scuola inclusiva diventa una grande azienda che promuove solo produttività, efficienza e settorializzazione del sapere. A legge approvata, quali strade si possono percorrere per impedire lo scempio della scuola italiana?

Ha risposto Marina Boscaino, promotrice della legge di iniziativa popolare per la scuola (LIP). Bisogna riprendere il percorso partecipativo che aveva portato alla presentazione di quella legge di iniziativa popolare, costruendo comitati a cui partecipino tutti i soggetti che vivono la scuola, dagli insegnanti agli alunni, ai genitori al personale scolastico. La legge di iniziativa popolare va aggiornata, alla luce delle “innovazioni” prodotte dalla riforma Giannini-Renzi, e ripresentata cercando il contributo informato di tutti. Si tratta di tradurre nella società del XXI secolo i principi espressi dalla Costituzione italiana che prevede che la scuola è aperta a tutti e che l’insegnamento e la ricerca sono liberi e libero ne è il loro insegnamento.

Alessandra Tibaldi, della FIOM, ha poi fatto notare come la riforma della scuola e la riforma del lavoro seguano la stessa ideologia: da una scuola-azienda ci si aspetta la formazione di lavoratori precari, la cui produttività sia sfruttata fino all’osso. Un mondo del lavoro in cui le cosiddette tutele crescenti hanno ormai spazzato via ogni speranza di stabilizzazione, in cui il demansionamento rappresenta il grimaldello per colpire il lavoro stabile e la dignità del lavoratore.

Si sono susseguiti interventi di rappresentanti di Calt, Sel PRC, Verdi e Possibile che hanno sottolineato come sia necessario non arrendersi di fronte alla sconfitta: nonostante le enormi manifestazioni della scorsa primavera, infatti, a colpi di fiducia, la riforma della scuola è passata, questo ha fatto sì che molte persone, deluse, vivano la sconfitta come una resa, ma una strada, fatta di partecipazione, di informazione, di protesta costruttiva c’è e passa solo per la costruzione di comitati che continuino a promuovere la proposta di una scuola laica, libera, inclusiva che formi cittadini e non consumatori.

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