Stato naturale e Integrazione

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Se osserviamo la natura delle cose, tutto pare proprio avere una finalità, una direzione ben precisa. Questo ordine e direzione molti la chiamano “Intelligenza creativa” e gli antichi filosofi greci  “telos”. Allora quando diciamo nel gergo comune che una cosa “è naturale” che cosa vogliamo dire? Cosa è naturale e cosa non lo è? “Naturale” ha a che vedere con lo sviluppo dell’essere umano e di ciò che ognuno di noi deve realizzare. E qual’è l’umano possibile?

Indubbiamente viviamo al di sotto delle nostre potenzialità e possibilità. Viviamo dunque in modo “innaturale” perché non spesso nella nostra esistenza non c’è ordine, direzione, evoluzione. Siamo fatti per la felicità e  cerchiamo uno stato interiore che comprenda la salute, il benessere, la pienezza di senso. La sofferenza non è il dato di partenza (anche se la vita è una questione seria indubbiamente), ma il punto di partenza è invece per tutti il richiamo alla felicità, alla salute, al benessere, all’amore, alla bellezza, alla verità. Il contrario di tutto ciò è “innaturale”. Lo stato “naturale” è semplice, non è complicato, né condizionato da alcunché.

Ad un certo punto della vita si sperimentano dei “vuoti dentro”; si sperimenta la sofferenza dell’anima, come se fossimo ancora un’opera incompiuta. Attraversiamo così una crisi salutare che ci vuole “risvegliare”. I vuoti sono di solito colmati da quattro fattori d’influenza o interferenza negativa: dal sesso disordinato – dal mangiare smodato – dal dormire troppo – dal voler prevaricare sull’altro. Essi ci danno l’impressione di “essere vivi” o di rimettere le cose a posto, ma in verità essi ci lasciano più morti che vivi e in lotta con noi stessi e di conseguenza con gli altri. Questo non è “naturale”. Di nuovo percepiamo “disordine” e non ordine. Per lo più noi ignoriamo le cause di questo vuoto che alla lunga ci rende deboli e depressi, si dice appunto “senza energia”, senza gioia di vivere.

Kumari-puja

Se vogliamo cambiare ad un certo punto del nostro percorso, ci accorgiamo che non ci sono stati forniti gli strumenti per migliorare la nostra situazione. Quelli che ci sono “in commercio” spesso non fanno altro che acuire il senso di dipendenza da altri che sanno come gestire, nel bene o nel male, la nostra condizione di “disorientamento”. Questo anche a causa nostra perché siamo pigri e non ci va di assumerci le nostre responsabilità. Certe cure non ci rendono autonomi, ma dipendenti da altri, dai diversi specialisti, e il problema dell’ignoranza esistenziale permane. Attenzione non stiamo dicendo che la guida e la cura da parte di specialisti non serva, stiamo dicendo un’altra cosa: da dove “ricominciare” per riprendersi in mano la vita?

A noi pare per prima cosa dal respiro. Più lentamente respiriamo più il nostro respiro si prolunga e ci risparmia energia vitale, anzi ce l’arricchisce. Il respiro infatti ha un riflesso benefico sulle ghiandole endocrine e sul sistema nervoso. La salute sappiamo è uno stato dove la forza e la flessibilità, il respiro e il metabolismo, così come l’emozione e i pensieri, sono un tutto organicamente connesso e in relazione l’uno con l’altro.

Ora dalla terza legge della termodinamica applicata anche alla nostra esistenza psicocorporea (visto il campo unificato delle leggi naturali), a maggiore eccitazione corrisponde un disordine più grande. Ma tutti i sistemi viventi ricercano lo stato naturale di base, nel nostro caso uno stato naturale di base cosciente. Di conseguenza ogni qual volta noi ricreiamo uno stato di naturalezza che vuol dire semplicemente essere, essere “presenti nel presente”, ecco che si crea un ordine interiore che ci purifica si a livello organico che psichico. Far attenzione al respiro fa da ponte e può fare tutto questo.

La meditazione è il secondo passo da compiere per “riprenderci in mano”. Essa interviene sugli strati profondi della coscienza che sappiamo essere di diversi livelli. La nostra coscienza vigile è sostenuta da una serie di attività automatizzate a livello subconscio. Se quest’ultimo livello è bloccato da credenze limitanti, da paure ed esperienze traumatiche, da condizionamenti appresi, allora i due piani smettono di comunicare correttamente e si interrompe il contatto più profondo con l’anima.

La meditazione invece ci purifica e ci “riordina” producendo dei frutti che giorno dopo giorno trasformano la nostra esistenza. Si parla di “illuminazione” e di “risveglio”, non a caso infatti. I frutti di tale ordine interiore naturale sono: maggiore stabilità, abilità nell’agire e nel discernere, integrazione delle polarità, pacificazione e amore incondizionato e gratuito. Questo è lo stato naturale dell’essere e non la sofferenza, o la paura.

La nostra capacità ci connetterci alle frequenze sottili dell’anima è cosa molto “organica”, non c’è niente di magico o di poetico in tutto ciò. E’ data infatti dall’attivazione dell’epifesi e dell’ipofisi. L’epifesi è una specie di antenna che capta le frequenze di emissione del nostro nucleo. Se la ghiandola epifesi vibra bene darà un impulso alle altre ghiandole e soprattutto all’ipofisi (ghiandola di piccole dimensioni dal peso di 0,9 g, situata alla base del cervello, punto di contatto col sistema nervoso, “controlla” l’attività endocrina e metabolica), la cui posizione è in linea con quella del terzo occhio. Tale ghiandola controlla l’intero sistema endocrino favorendo un’attività cellulare più ricca  armoniosa e quindi una salute più stabile.

La ghiandola pineale (situata alla base del cranio, di circa 1 cm di lunghezza e di color grigio rossastro, ha una forma di pigna, e secerne la melatonina, proteina modificata della seratonina) esercita un controllo sottile sul nostro corpo energetico determinando il passaggio e la quantità di energia vitale che circola nell’intero sistema. Certo non tutto si spiega con questi processi, ma conoscerli è importante. Almeno vuol dire che ci stiamo prendendo cura di noi stessi e stiamo aprendo le porte ad altre esperienze che potranno arricchire la nostra esistenza.

Il riverbero dei primi due passi, respiro e meditazione, si estende alla nostra vita relazionale ed è questo il terzo passo da compiere. Certo nessuno può dare ciò che non ha e nessuno condivide ciò che non è. Per questo motivo gli altri passi sono fondamentali, ma una vita senza relazione, senza scambio, senza amore da dare e da ricevere è una vita asfittica che alla fine collassa in se stessa.

 

Maestro Alberto CamiciIl Maestro (Divyashakti Yogin) Alberto Camici è nato in Italia a Livorno e vive ai Castelli Romani. Ha iniziato lo studio e la pratica dello Yoga e della Meditazione fin da adolescente nel 1977 sotto l’ispirazione di suo nonno paterno e l’ha continuato ininterrottamente fino ad oggi. Ha conosciuto nel suo lungo percorso diversi maestri e testimoni della diffusione dello Yoga in Occidente, come Andrè Van Lysebhet, Gerard Blitz, Eric Baret. Specializzato in Antropologia e Teologia ha pubblicato saggi e monografie a carattere Esoterico e Spirituale.
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