In questa sede, così come precedentemente avevo accennato, è mio proposito approfondire singolarmente i molteplici Disturbi della Personalità. I criteri diagnostici relativi agli specifici Disturbi della Personalità che considererò sia in quest’articolo che nei prossimi sono tratti dal DSM – IV TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, mentre le ipotesi patogene, le caratteristiche interpersonali e le vignette rappresentative in chiave umoristica sono principalmente tratte sia dal libro “Scusate il Disturbo” dello psicologo e psicoterapeuta Lorenzo Recanatini, sia dal testo “Amore…o caso clinico?” della psicoterapeuta Maria Cristina Strocchi.
Per questo appuntamento ritengo opportuno descrivere un primo sistema maladattivo della personalità del cluster bizzarro o gruppo A, ovvero il Disturbo Paranoide di Personalità.
Indici Descrittivi
La caratteristica sostanziale del Disturbo Paranoide di Personalità è un quadro pervasivo di sfiducia e sospettosità, tanto che le motivazioni degli altri vengono interpretate come malevole. Il succitato quadro compare nella prima età adulta, ed è presente in una varietà di contesti.
Gli individui con tale tipologia di disturbo si aspettano, senza motivi sufficienti, di essere sfruttati, danneggiati o ingannati dagli altri. Sospettano, dunque, sulla base di prove insignificanti o inesistenti che gli altri complottino contro di loro e possano attaccarli improvvisamente in ogni momento e senza alcuna ragione. Percepiscono, sovente, di essere stati profondamente ed irreversibilmente infamati da un’altra persona o da persone anche quando non vi sono prove oggettive di ciò. Dubitano, senza una giustificazione, della lealtà e dell’affidabilità di amici o colleghi, le cui azioni sono esaminate minuziosamente per evidenziare intenzioni ostili. Ogni deviazione percepita dall’affidabilità e lealtà serve a supportare le loro supposizioni. Tali persone esternano un grande stupore nei casi in cui un amico o un collega si mostra leale nei loro confronti da renderli increduli e ancora più diffidenti. Nei momenti di difficoltà si aspettano che gli amici e i colleghi li attaccheranno o ignoreranno i loro problemi.
Le persone con tale disturbo sono riluttanti a confidarsi o a entrare in intimità con gli altri, poiché temono che le informazioni siano usate contro di loro. Possono rifiutare di rispondere a domande personali, leggono significati nascosti umilianti e minacciosi in rimproveri o altri fatti benevoli. I complimenti vengono spesso mal interpretati. Possono intendere un’offerta di aiuto come critica al fatto di non essere in grado di fare un qualcosa in maniera autonoma.
Gli individui con questo disturbo provano costantemente del risentimento, e sono incapaci di dimenticare insulti, offese, o ingiurie che pensano di avere ricevuto. Piccole offese evocano, quindi, grande ostilità e tale sentimento persiste per molto tempo. Poiché sono costantemente attenti alle intenzioni nocive degli altri, spesso sentono di essere stati attaccati nel ruolo o nella reputazione, o di essere stati offesi in qualche altro modo. Contrattaccano rapidamente, e reagiscono con rabbia agli insulti percepiti. Gli individui con questa tipologia di disturbo possono essere gelosi in modo patologico, spesso sospettano che il coniuge o il partner sessuale sia infedele senza una giustificazione adeguata. Possono raccogliere “prove” banali o circostanziate per supportare le loro convinzioni di gelosia. Possono, ancora, pretendere di mantenere un controllo completo delle relazioni intime al fine di evitare di essere traditi, e possono costantemente mettere in discussione e in dubbio i luoghi in cui si trova il coniuge o partner, le sue azioni, le intenzioni, e la fedeltà.
Ipotesi Patogena
Le figure genitoriali, vittime loro stesse, sovente, di maltrattamenti nella loro infanzia, ispirandosi ad una concezione particolarmente severa del proprio ruolo educativo, esercitavano un controllo sadico e degradante sul loro figlio. Convinti che il bambino fosse costituzionalmente cattivo, dunque, meritevole di punizioni e bisognoso di forte controllo, somministravano puntualmente ed efficacemente severe punizioni, anche fisiche. Le pesanti percosse fornite mediante cinture, bastoni, pugni erano somministrate ripetutamente, stando attenti a non lasciare segni evidenti.
La conseguenza drammatica, nell’adulto, di un’educazione tanto dura è data dal fatto che tale individuo che ha sviluppato un Disturbo di Personalità Paranoide teme e si aspetta in ogni momento l’attacco, l’abuso ed il maltrattamento persino da coloro che gli sono più vicini. Tale individuo, essendosi identificato con i propri genitori, purtroppo tenderà a riproporre le stesse crudeli modalità educative con i propri figli.
Tali maltrattamenti nel bambino sono iniziati molto presto nell’infanzia. Il fanciullo, considerato un “piccolo adulto” era accudito e maneggiato con durezza e picchiato quando piangeva. Il suo pianto, invece che essere interpretato come l’espressione di un disagio o legittimo bisogno, era inteso come un rimprovero alle incompetenze genitoriali e inevitabilmente punito. A causa di tali inappropriate attribuzioni e delle ripetute punizioni, il bambino ha appreso in fretta a non esprimere i propri bisogni, a non piangere e non chiedere aiuto neanche nei casi di necessità, di pericolo o quando malato, al fine di tutelare la propria sopravvivenza.
In considerazione di quanto descritto il piccolo ha appreso a non fidarsi degli altri e ad essere indipendente. Da adulto, infatti, il Paranoide cercherà costantemente di essere autonomo e di evitare l’intimità, eccetto che possa, in quest’ultima, mantenere un forte controllo.
Il Paranoide da piccolo era, sovente, soggetto a confronti sgradevoli sia impliciti che espliciti all’interno del nucleo familiare. Considerato da uno dei genitori come cattivo, arrogante, testardo o caratterialmente difficile era spesso scelto come “capro espiatorio” e redarguito con severe punizioni senza che l’altro genitore svolgesse un ruolo protettivo. Sovente, i fratelli erano preferiti dai genitori ricevendo così più riconoscimenti, affetto e privilegi. Pertanto, il Paranoide diventa molto sensibile alla possibilità di una divisione non equa delle punizioni e dei privilegi tra i coetanei, così come tra fratelli, verso i quali proverà un forte rancore. Facilmente svilupperà la convinzione che il mondo ce l’abbia con lui.
Tale bambino veniva ricompensato quando si mostrava competente, alunno modello, aiutava in casa o assumeva un ruolo genitoriale, ovvero, nei casi in cui non mostrava i propri bisogni. Nelle suddette circostanze era di fatto ridotta la possibilità che subisse abusi o maltrattamenti. Tuttavia, nei casi in cui si avventurava al di fuori dell’area di competenza a lui assegnata, riceveva pesanti critiche e umiliazioni.
Il Paranoide ha, dunque, appreso ad essere competente in alcuni ambiti e al contempo restare distante dalle altre persone; operando in autonomia, ha sviluppato un buon funzionamento prestazionale.
Il risentimento, l’alienazione e la paura nei confronti degli altri continuano, tuttavia, ad accompagnare i suoi vissuti e portano la persona in situazioni sociali a fare richieste imperiose, litigiose, e ostinate di riconoscimento e risarcimento, che di fatto aumentano la distanza dagli altri e la loro diffidenza. Un circolo vizioso che si perpetua nel tempo.
Caratteristiche Interpersonali
Il Paranoide è, quindi, un individuo solitario che tende a tenersi lontano dagli altri i quali, a loro volta, lo tengono a distanza, che diffida e suscita diffidenza che prova odio, sperimenta paura e, nel contempo spaventa gli altri. Desidera essere capito ed accettato, tuttavia, quando ciò non avviene, anche per la sua modalità rivendicativa di porsi nelle relazioni, spera e si attiva affinché essi si sottomettano o si allontanino. Nei casi in cui percepisce di sentirsi minacciato si ritira in maniera ostile o attacca per controllare l’altro o per prenderne le distanze; facilmente viene indotto ad un distacco rabbioso.
(Tutte le immagini sono tratte dal libro di L. Recanatini, Scusate il Disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes)
Bibliografia
DSM – IV – TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – A.P.A.; edizioni Masson, 1997.
Lorenzo Recanatini (2008), Scusate il disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes.
Maria Cristina Strocchi (2006), Amore…o caso clinico? Storie di via; Associazione Culturale “Il Sole” – Vicenza.
La Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa, laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com
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