Disturbo Antisociale di Personalità

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Con il presente articolo concludiamo l’indagine del gruppo B o cluster drammatico dei Disturbi della Personalità. Il sistema maladattivo che andremo a indagare è il Disturbo Antisociale di Personalità. Gli individui con tale profilo si caratterizzano essenzialmente per una difficoltà a conformarsi sia alla legge, per cui sono soggetti a compiere atti illegali, sia alle norme sociali per cui attuano comportamenti immorali e manipolatori. L’elemento distintivo del suddetto disturbo è, altresì, lo scarso rimorso mostrato per le conseguenze delle azioni che compiono, e restarne emotivamente indifferenti dopo aver danneggiato qualcuno.

La prevalenza del Disturbo Antisociale di Personalità si manifesta prevalentemente negli individui di sesso maschile, con rapporto 3:1 rispetto a quello femminile. Pertanto, la prevalenza è pari al 3% negli uomini e all’1% nelle donne nella popolazione generale, e aumenta al 3 – 30% in ambiente clinico.

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 INDICI DESCRITTIVI

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM – 5 la caratteristica essenziale del Disturbo Antisociale di Personalità è, appunto, un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che inizia a manifestarsi sin dall’infanzia o dalla prima adolescenza e prosegue nell’età adulta. Perché i clinici possano eseguire questa diagnosi, l’individuo deve avere un’età di almeno diciotto anni e avere in anamnesi alcuni sintomi del disturbo della condotta prima dell’età di quindici anni. Quest’ultimo disturbo comporta un pattern ripetitivo e persistente di comportamenti che violano i diritti basilari degli altri o le principali norme o regole sociali appropriate all’età.

I comportamenti caratteristici del disturbo della condotta cadono in una delle quattro seguenti categorie: aggressione a persone o animali, distruzione delle proprietà, truffa o furto, o grave violazione di regole. La letteratura evidenzia che la probabilità di sviluppare un Disturbo Antisociale di Personalità nella vita adulta aumenta se l’individuo ha presentato un esordio precoce di disturbo della condotta – prima dei dieci anni di età, accompagnato da un disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Sicuramente abusi o incuria da bambino, genitori instabili, imprevedibili, o disciplina incoerente da parte delle figure primarie possono aumentare la probabilità che il disturbo della condotta evolva in un Disturbo Antisociale di Personalità.

 Lo schema di comportamenti antisociali continua, dunque, nell’età adulta. Tali individui non riescono a conformarsi, così come accennato precedentemente, alle norme sociali per ciò che riguarda il comportamento legale; possono compiere ripetutamente atti passibili di arresto, come distruggere proprietà, molestare gli altri, rubare o svolgere attività illegali. Queste persone non rispettano i diritti, i desideri e i sentimenti altrui, sono frequentemente disonesti e manipolativi per profitto o piacere personale.

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Possono mentire ripetutamente, usare falsi nomi, truffare o simulare; l’impulsività può manifestarsi con l’incapacità di pianificare, le decisioni vengono, quindi, prese sotto l’impulso del momento, senza alcuna riflessione e considerazione per le conseguenze proprie né per quelle che riguardano gli altri, ciò può determinare cambiamenti improvvisi di lavoro, di relazioni o di residenza. Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità tendono ad essere irritabili, aggressivi e possono essere, sovente, coinvolti in scontri fisici o compiere aggressioni fisiche che possono anche includere violenze contro il coniuge o i figli.

Questi individui mostrano, altresì, una noncuranza sconsiderata della propria o altrui sicurezza, ciò è ampiamente evidenziato dallo stile di guida; possono, inoltre, assumere comportamenti sessuali o fare uso di sostanze con elevato rischio di conseguenze dannose. Tali persone tendono anche a essere, sovente, estremamente irresponsabili, sotto il profilo lavorativo, finanziario e affettivo, possono per esempio ignorare o non curarsi di un figlio al punto di metterlo in serio pericolo. I soggetti con tale Disturbo di Personalità mostrano scarso rimorso, così come già indicato, per le conseguenze delle proprie azioni, possono rivelarsi indifferenti o fornire una razionalizzazione superficiale dopo aver danneggiato, maltrattato o derubato qualcuno minimizzando le conseguenze dannose delle proprie azioni. Generalmente sono incapaci di scusarsi o di riparare al loro comportamento.

Gli individui con tale disturbo hanno maggiori probabilità rispetto alla popolazione generale di trascorrere molti anni presso istituti penitenziari e di morire prematuramente per cause violente, quali per esempio incidenti, suicidio, omicidi.

Per ciò che concerne i comportamenti volti all’illegalità, tra la patologia antisociale del carattere e l’uso di sostanze esiste una stretta correlazione (Caldoret, 1986; Halleck, 1981; Meloy, 1988; Modlin, 1983; Reid, 1985; Vaillant, 1983). L’opinione corrente sull’interrelazione tra le due condizioni è che le stesse, sovente, coesistano, tuttavia ciascuna ha la propria eziologia, ovvero la causa da cui hanno origine i fenomeni (Caldoret, 1986; Reid, 1985; Vaillant, 1983). E’, altresì, riconosciuto in genere che l’attività criminale è intimamente connessa all’abuso di sostanze ( Holden, 1986).

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IPOTESI PATOGENA

La storia evolutiva dell’Antisociale, in base alla mia esperienza professionale e così come delineata da Lorenzo Recanatini nel libro Scusate il Disturbo, sembra essere distinta da una forte e grave trascuratezza da parte della figura di riferimento, oltre ad esservi possibili attacchi personali anche dal punto di vista fisico da parte del genitore stesso nei confronti del figlio. Vissuti caratterizzati da violenza, alcolismo, non adempimento dei doveri genitoriali sembrano porre le fondamenta per lo sviluppo e la crescita del futuro Antisociale.  In un contesto familiare di generale trascuratezza si potevano verificare episodi di inaspettati ricorsi alla disciplina da parte dei genitori. Erano, dunque, presenti situazioni in cui le figure genitoriali esercitavano un controllo occasionale, imprevisto e inadeguato, accompagnato da ammonimenti e rimproveri, vissuti dal piccolo come una minaccia alla propria autonomia.

Il bambino ha, pertanto, imparato a tenersi alla larga dai genitori tanto trascuranti quanto sporadicamente minacciosi e controllanti. L’indipendenza sembra essere così diventata la difesa contro il temuto arbitrario controllo genitoriale. Inoltre, l’assenza e la trascuratezza dei genitori sembrano essere le basi per un eccessivo controllo che il fanciullo ha, sovente, esercitato sulla propria vita e a volte sulla famiglia stessa, presupposti per cui il piccolo abbia imparato a gestirsi autonomamente poiché nessun altro era disposto a farlo. E’ pensabile che in alcune circostanze può essersi fatto carico di responsabilità, lasciate vacanti da chi di dovere, senza avere, vista l’età, le competenze necessarie per gestirle, né tantomeno un modello efficace da imitare. Potrebbe aver cercato di sostituirsi ai genitori come guida ai fratelli minori, utilizzando metodi disciplinari duri, eccessivi e non sottoposti alla supervisione di un adulto competente. La conseguenza di aver assunto da bambino tale ruolo genitoriale improprio è quella di dover, una volta diventato adulto, soddisfare il continuo bisogno di controllare gli altri.

L’isolamento sociale, come conseguenza di tale trascuratezza, sembra essere un ulteriore fattore predisponente alla manifestazione di comportamenti aggressivi, così come aver assistito al comportamento violento tra genitori ove, sovente, il marito poteva picchiare la moglie. Sarà proprio la sollecitudine a mostrare comportamenti violenti e di sfruttamento, la poca consapevolezza dei propri bisogni, l’incapacità di prendesi cura di sé e di mettersi nei panni degli altri che determinerà in quello che sarà l’individuo adulto con Disturbo Antisociale di Personalità un isolamento sociale, poiché l’Antisociale di fatto non stringe legami con persona alcuna.

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CARATTERISTICHE INTERPERSONALI

Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità mancano frequentemente di empatia e tendono a essere indifferenti, cinici e sprezzanti nei confronti dei sentimenti, dei diritti e delle sofferenze degli altri. Possono avere un’autostima ipertrofica e arrogante e possono essere eccessivamente testardi, sicuri di sé o presuntuosi. Ciò che più li contraddistingue, dal punto di vista interpersonale, è il desiderio improprio e inadeguato di controllare gli altri, agito attraverso modi di fare distaccati, oltre ad un forte bisogno di essere indipendenti e di opporsi al controllo degli altri, considerati in genere con disprezzo e superiorità. Sussiste la propensione all’aggressione selvaggia dell’altro al fine di rafforzare il controllo o l’indipendenza (Recanatini L., 2008).

L’aspetto sociale può essere, inoltre, compromesso perché queste persone, a causa dei loro comportamenti aggressivi, immorali e illegali, vengono, sovente, emarginate.

(Tutte le immagini sono tratte dal libro di L. Recanatini, Scusate il Disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes)

 BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnistico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM – 5). Raffaello Cortina Editore.

Coldoret, R.J. (1986) Epidemiology of antisocial personality. In Reid, W.H., Dorr, D., Walker, J.I. et al. (a cura di) Unmasking the Psychopath: Antisocial Personality and Sindromes. W.W. Norton, New York.

Halleck, S.L. (1981) Sociopathy: ethical aspects of diagnosis and treatment. Curr. Psychiatrtr. Ther., 20 pp. 167 – 176.

Holden, C. (1986) Growing Focus on Criminal Careers. Science, 233, pp. 1377 – 1378.

Meloy, J.R. (1988) The psychopatic Mind: Origins Dynamics and Treatment. Jason Aron Northvale.

Modlin, H.C. (1983) The Antisocial Personality Disorder. In: Gabbard, G.O. (a cura di) Treatment of Psychiatric Disorder, 2° ed., vol. 2. American Psychiatric Press, Washington.

Recanatini L. (2008), Scusate il Disturbo, una versione umoristica dei Disturbi di Personalità; edizioni Alpes.

Reid W.H. (1985) The Antisocial Personality: a review. Hosp. Community Psychiatric, 36, pp. 831 – 837.

Vaillant, G. (1983) Natural History of Male Alcoholism, V: is alcoholism the cart or the horse to sociopaty? Br. J. Addict., 78, pp. 317 – 326.

Nicoletta DeziLa Dottoressa Nicoletta Dezi è psicologa e psicoterapeuta; laureata presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e svolge l’attività clinica presso gli studi di Roma e Velletri. Dal 2006 svolge attività clinica di supporto psicologico a bambini e adulti, diagnosi dei disturbi dell’apprendimento nell’età evolutiva e riabilitazione cognitiva.
Per saperne di più (clicca qui)

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Per chi volesse contattare direttamente la dottoressa Dezi, può inviare una mail al suo indirizzo: nicoletta.dezi@gmail.com

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