ATTUALITA’ – Abbiamo seguito, ieri sera, con interesse, la puntata de L’Aria che Tira, programma giornalistico presentato da Myrta Merlino, in onda su la Sette. Tra gli ospiti, alcuni bravissimi giornalisti, come Marco Travaglio, Federico Geremicca e Gian Antonio Stella, autore, fra l’altro, del best seller La Casta, scritto assieme al giornalista Sergio Rizzo e ora, autore di un nuovo libro sui “mali italiani”, quello della burocrazia.
Una macchina infernale messa in moto praticamente dall’Unità d’Italia e che mai ha smesso di ingrandirsi, di ingarbugliarsi e soprattutto di mandare in confusione i cittadini italiani.
Il libro si intitola “Bolli, bolli, fortissimamente bolli” un viaggio ironico ma allo stesso tempo serio e disperato tra le leggi italiane, le regole, i regolamenti e i codicilli fatti apposta per non essere compresi ed essere aperti, invece, a mille interpretazioni. Leggi, regolamenti e frasi “burocratesi” inventate e scritte da veri azzegarbugli che, come ricordavano ieri sera in un bel servizio fornito dalla trasmissione, per dire incidente d’auto, usano la parola sinistro, per dire decisioni usano l’aberrante frase “processi decisionali” e fanno fare una fatica immonda a persone che vogliono dimostrare di essere vive a qualcuno che erroneamente le ha fatte dichiarare morte.
Ecco, una nostra cara amica, nonchè brava giornalista Eugenia Belvedere potrebbe ottenere un piccolo capitolo nel libro di Stella. Ci racconta in uno spassoso quanto disperato articolo-racconto, cosa le è successo per un mancato recapito del suo codice bancomat. Nell’epoca del “trovi ogni risposta su internet” la posta smarrita è un male che sembra non avere speranze di cura.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
“Felice possessore di banco-click da quattro anni ecco che mi scade il bancomat. Informatami alla posta sulla procedura mi rispondono che mi sarebbe arrivato a casa il nuovo codice. Cosa che non è successa…rivado alla posta (seconda volta) e mi sento dire che il mio bancomat è stato spedito al mio vecchio indirizzo di domicilio, indirizzo dove non vivo più da oltre cinque anni, indirizzo che ho provveduto varie volte (ogni volta che non mi arrivava la posta) e far cambiare e che alla fine disperata, per cercare di risolvere, son stata costretta a pagare il Seguimi.
Ma torniamo alla sede della posta di Velletri, piazza Cairoli. “Scusi – faccio io – quindi che debbo fare ora che il mio codice bancomat è sperso per il centro storico?”. “Perchè non fa un salto al vecchio indirizzo e chiede ai suoi vecchi vicini di casa? Magari l’hanno preso loro. Oppure intercetta il postino e gli chiede se si ricorda di aver consegnato e a chi o se ha rimandato indietro la busta a lei indirizzata” mi fa l’addetta allo sportello. Inizia così la mia ricerca tra ex vicini di casa (che non ne sanno nulla), postino (temporaneo in sostituzione per malattia) e il centro smistamento sull’Appia, dove non hanno manco uno straccio di computer per tracciare la posta consegnata o restituita. L’addetto, anziano e con ottima memoria mi fa: “Non mi ricordo una busta a suo nome tornata indietro. Qui – indicando una vecchia cassettiera di legno datata ’15-’18 – nel casellario di oggi non c’è”. Che dio ti benedica se su 55 mila abitanti ti fossi ricordato a mente la busta in questione.
Così torno alla posta di Velletri (terza volta) e chiedo cosa si può fare. L’addetta a questo punto, dopo che io ho insistito preoccupata al pensiero del mio codice bancomat solo abbandonato chissà dove, mi annulla la carta tagliandola con le forbice davanti a me. Ricompiliamo insieme la domanda di bancomat con tanto di indirizzo di domicilio e di residenza ben in evidenza. Si ri-fotocopiano i miei documenti e mi metto in attesa.
Gennaio, febbraio, marzo…ecco che mi arriva il mio codice pin a casa. Corro alla posta tutta contenta (quarta volta) ma il bancomat non c’è. “Non si preoccupi – mi fa l’addetta allo sportello – sono un poco in ritardo con le consegne pensi stiamo consegnando ora quelle di gennaio!”
Marzo, aprile…ritorno alla posta, vagamente incazzata, e da un controllo che finalmente si decidono a fare risulta che il codice pin che mi è arrivato a casa non corrisponde a nessuna carta…al che domando: “Non è che è quello della carta che mi avete annullato che ‘non’ avete spedito al vecchio domicilio?!”
Debbo tornare un giorno che c’è il direttore perchè serve il suo codice per sbrigliare questa matassa. Ma domani è in malattia, poi è in ferie per un matrimonio: “ Eh oggi si pagano le pensioni…non possiamo darti retta”. Finalmente (ho perso il conto scusate delle mattinate di lavoro perdute per andare e venire da sta cavolo di posta) il direttore mi annulla, corregge tutti i numeri civici (un 13 è diventato un 5 dopo tre volte che si son fotocopiati i miei documenti) ed ecco che il 20 giugno mi arriva a casa il nuovo (ennesimo) codice pin. Aspetto qualche giorno perchè non si sa mai e ri (ri ri ri ri ri ri….) vado alla posta e la mia carta non c’è.
Tralasciamo le mattinate perse in fila, tralasciamo il parcheggio pagato (per cui mi aspetto un bigliettino di auguri dal comune di Velletri per il mio compleanno in cambio delle centinaia di euro versate) ma ogni stramaledetta volta che debbo ritirare dal mio conto debbo staccare un assegno che mi costa ben 2 euro e 50. Senza contare che per le spese impreviste (motivo per cui uno ha il bancomat) mi son dovuta fare una posta pay.
Per questo mi chiedo: posso denunciare le poste italiane per danni materiali e morali? Posso farmi risarcire tutti i soldi spesi di parcheggi, benzina, assegni ecc ecc? Posso far licenziare qualcuno? A questo punto mi sorge un dubbio: lo fanno apposta per avere qualche aneddoto da raccontare a casa? O ci troviamo di fronte a un semplice caso di incapacità? Spero nel primo ma propendo per il secondo…”.
Cordiali Saluti,
ancora senza bancomat
Eugenia Belvedere